mercoledì 17 settembre 2014

Adozione batte eterologa (infinito a 0)

I genitori adottivi sono consapevoli della diversità del loro figlio. Anche se è bianco come loro, con lo stesso colore degli occhi e dei capelli, con una fisionomia rassomigliante non si illudono, la diversità di provenienza c'è e non la ignorano, non la dimenticano; anzi in certo senso la esaltano, la raccontano con orgoglio, a volte con dolore, con speranza, con pazienza. La raccontano quotidianamente ai loro figli così tanto desiderati e amati, ma così geneticamente estranei.
I genitori adottivi sanno che hanno riempito un vuoto nella loro vita desiderando un figlio con la determinazione che solo un genitore adottivo può avere, pronto ad accettare rischi giuridici, sanitari, età e fattezze indefinite finché non lo si incontra. Ma sanno anche che così facendo hanno fatto rinascere un bambino che ha avuto una falsa partenza, che è stato vittima di profonde ingiustizie di cui la più grande è indubitabilmente essere rimasto senza genitori. La famiglia adottiva è la sola soluzione per dare risposta alla mancanza di un diritto primario: ogni bambino ha diritto a una famiglia che se ne prenda cura.
I genitori adottivi andranno incontro ai momenti di crisi, alle discriminazioni, alle richieste della conoscenza delle origini del loro figlio con la serenità di aver fatto incontestabilmente un atto d'amore. Di aver salvato una vita. Non potranno affermare di non aver fatto degli errori, ma potranno essere certi che li hanno commessi per amore e a fin di bene. Non si aspettano riconoscenza, l'adozione è accettazione, l'hanno fatta perché desideravano farla, era giusto così.
Nessuno mai potrà incolparli di aver fatto i genitori per motivi narcisistici, per il proprio benessere e basta. Il figlio esisteva già a prescindere dal loro intervento. Loro hanno fatto in modo che il bambino diventasse figlio e che avesse un futuro (migliore).
La vita di una famiglia adottiva è costellata di momenti difficili, ma è anche colma di gioie e soddisfazioni. In questa convivenza ci sarà il riserbo ma non il segreto. 
La famiglia adottiva, spesso non è compresa completamente dalle altre componenti della società, A volte viene considerata un ripiego, un adattamento, appartenente ad una classe inferiore, incompleta, come se il legame di sangue fosse indispensabile per un rapporto genitore-figlio. Niente di più falso!
Il legame è forte ed è cementato dalla certezza di essere speciali, di essersi incontrati, accettati... scelti.
I genitori e i figli adottivi sono pienamente consapevoli che quella che hanno vissuto è un'esperienza straordinaria e nessuno potrà mai toglier loro questa certezza.

Nella fecondazione eterologa tutto questo semplicemente non c'è.
Non si può mettere a confronto un'esperienza dell'anima con una metodologia bio-meccanica!

Grazie. 

Gabriele Cappelletti

martedì 9 settembre 2014

Eterologa batte Adozione 9 - 0

Dopo l'intervento della consulta e alcune polemiche sterili in sede politica e giornalistica, sono state pubblicate le linee guida stilate dalle regioni per implementare la fecondazione assistita eterologa. Ciò nella più assoluta mancanza di intervento normativo da parte del ministero e/o del parlamento. Le decisioni prese sono figlie della considerazione primaria che equipara la donazione di seme o di ovuli alla donazione di organi e quindi entra in gioco la legge della tutela della privacy (DL 196/03) che regola la protezione dei dati personali con particolare attenzione ai dati sanitari relativamente a quali ci sono numerose limitazioni. 

Se VOGLIO un bambino (la scelta del verbo non è casuale) e sono sterile (o lo siamo entrambi) posso scegliere tra fecondazione e adozione, sono percorsi molto diversi che portano a figli molto diversi. Ovviamente da questo confronto sono escluse le adozioni di figli già grandi che conservano vividi ricordi della vita pre-adozione). Facciamo un gioco, un incontro che vede contrapposte punto per punto le due pratiche (il punteggio è dato in base alla sensazione che esprime la gente comune):
1) La gratuità o il ticket (1 - 0)
  • La fecondazione assisitita eterologa è pagata dal servizio sanitario regionale e al massimo si paga un ticket (non è stato definito niente ma si dice dai 500€ fino a un massimo di 2500€) poi parzialmente detraibile dall'irpef come tutte le spese mediche. Anche se in realtà, come per le altre forme di fecondazione, per avere tempi ragionevoli si dovrà far riferimento ai privati con costi di parecchie migliaia di euro a tentativo).
  • L'adozione nazionale è gratis, ma è riservata a pochi, la maggior parte delle adozioni sono internazionali.  L'adozione internazionale costa da 15000€ fino a volte anche a 30000€. Solo metà della cifra può essere dedotta dall'irpef e solo se si rientra nelle fasce di reddito più basse si può ambire al rimborso del restante 50% (o del 25%).
2) Il rischio giuridico e il rischio sanitario (2 - 0)
  • L'eterologa è monitorata attentamente dalla sanità italiana. Come in tutti gli interventi e nelle gestazioni naturali il rischio sanitario è presente anche se in percentuale molto ridotta.
  • L'adozione nazionale ha in sé un alto grado di rischio giuridico (cioè la possibilità che il tribunale riaffidi il minore alla coppia d'origine prima del termine del periodo temporaneo precedente all'adozione). Nell'adozione internazionale il rischio prevalente è di tipo sanitario; le condizioni di vita delle madri e degli stessi figli prima dell'adozione non sono monitorate accuratamente, i paesi in cui si adotta sono affetti spesso da malattie endemiche, e da numerosi altri problemi che si ripercuotono sulla salute dell'adottato.
3) L'iter burocratico (3 - 0)
  • L'eterologa è come un intervento chirurgico quindi segue le prassi del servizio sanitario, esami preliminari, diagnosi, lista d'attesa, intervento, gestazione e parto.  
  • L'adozione comporta la compilazione della disponibilità, l'indagine finanziaria, l'indagine psicosociale dei servizi sociali, la loro relazione, il colloquio con il giudice, l'emissione dell'idoneità, l'inserimento nella lista d'attesa per l'adozione nazionale e/o la ricerca di un ente autorizzato per poter cercare un figlio all'estero, il corso dell'ente, la raccolta dei documenti da inviare al paese straniero, la loro legalizzazione, la loro traduzione, l'attesa della chiamata dalle istituzioni estere, il viaggio (fino a tre), la permanenza all'estero (fino a due mesi) il ritorno e l'espletamento delle procedure burocratiche di accoglimento del minore in Italia, un anno di monitoraggio dei servizi sociali.
4) L'indagine psicosociale, l'idoneità e i percorsi psicologici (4 - 0)
  • Nella fecondazione gli interventi psicologici e dei servizi sociali sono assenti o brevi o facoltativi, vengono forniti su richiesta anche a donatore e donatrice, le idoneità sono puramente di tipo medico.
  • Nell'adozione gli interventi dei servizi e degli psicologi sono fortemente invasivi, prima, durante e dopo. Si analizzano i singoli coniugi, si analizza la coppia, si chiede l'assenso dei futuri nonni, si ispeziona la dimora prima e dopo. Molto spesso ci si sente sotto esame e c'è sempre l'incognita di non risultare idonei e dover considerare l'ipotesi di ricorso. 
5) L'età del figlio (5 - 0)
  • Il figlio si ha da nove mesi prima della nascita.
  • Nella migliore delle ipotesi è abbandonato alla nascita e quindi ha pochi giorni, ma alcuni ragazzi vengono adottati in preadolescenza. Nelle adozioni internazionali l'età media è di oltre sei anni.
6) La gioia e l'orgoglio del parto (6 - 0)
  • Con la fecondazione ci si potra allineare alle madri naturali, biologiche, lamentarsi delle nausee, del peso, della fatica, delle voglie, si potrà giocare al "senti come scalcia" si proveranno tutte le gioie del portare una vita in grembo, non ci sarà elaborazione del lutto della mancata gravidanza, l'autostima non avrà cadute e il narcisismo procreativo si potrà esprimere liberamente.
  • Nell'adozione, niente parto, niente allattamento (raramente artificiale), niente nausee, niente mal di schiena, ecc. Le madri adottive dovranno sopportare tutte le ferite e le ingiurie di una società che esalta la procreazione come un atto magico (si da alla luce, è il miracolo della nascita, ecc.). Anche se è palesemente riconosciuto che spesso è promozione mercantile di prodotti per la prima infanzia o gossip di autopromozione della famosa di turno incinta che si pubblica col pancione.
7) Il racconto delle origini (7 - 0)
  • I figli della fecondazione eterologa non hanno diritto a sapere della loro origine. I loro genitori non sono tenuti a rivelar loro alcunché sulle origini. Potrebbero essere informati, ma potrebbero anche scoprirlo casualmente dall'evidenza di esami genetici o di familiarità alle malattie. (come succedeva nell'adozione parecchi anni or sono).
  • I genitori adottivi sono tenuti a raccontare ai figli la loro origine adottiva nei modi e nei tempi che riterranno più opportuni (generalmente con un racconto quotidiano progressivo in relazione all'età del figlio).
8) La segretezza delle origini genetiche (8 - 0)
  • L'eterologa prevede che la donazione sia anonima (cioè non deve essere possibile per il donatore risalire alla coppia ricevente e viceversa). I dati clinici del donatore / donatrice potranno essere resi noti al personale sanitario solo in casi straordinari, dietro specifica richiesta e con procedure istituzionalizzate, per eventuali problemi medici della prole, ma in nessun caso alla coppia ricevente. I donatori / donatrici non hanno diritto di conoscere identità del soggetto nato per mezzo di queste tecniche e il nato non potrà conoscere l’identità del donatore / donatrice.
    Alcuni esperti hanno previsto che, in applicazione della legge sulle adozioni e delle pronunce della Corte Costituzionale, e previo consenso del donatore, il nato forse potrà, compiuti i 25 anni, chiedere ugualmente di conoscere l’identità del donatore, è però solo un'ipotesi per ora senza nessun fondamento giuridico.
  • Nell'adozione, recentemente, la consulta si è pronunciata per non riconoscere il diritto alla segretezza della madre biologica che si è dichiarata "persona che non vuole essere nominata" in tutti i casi di figli non riconosciuti alla nascita (con effetto retroattivo). Tutti gli adottati, quindi. hanno diritto a cercare le proprie origini dal venticinquesimo anno d'età in poi. 
9) Il colore della pelle (9 - 0)
  • Nella fecondazione eterologa, non si potranno scegliere le caratteristiche somatiche del nascituro, ma il figlio avrà lo stesso colore di pelle della coppia ricevente, cioè per quanto possibile, si manterrà lo stesso fenotipo della coppia ricevente in relazione al colore della pelle, dei capelli e anche rispetto al gruppo sanguigno.
  • Nell'adozione qualsiasi preferenza dei genitori su etnia, razza e colore è deprecata (da servizi sociali, giudici, tribunali, enti autorizzati, istituzioni straniere, ecc)
10) Motivazioni (senza punteggio)
  • Chi vorrà un figlio a tutti i costi si rivolgerà quasi sicuramente alla fecondazione (a meno di impedimenti fisiologici perché in Italia non c'è ancora la madre surrogata). Avere un figlio con la fecondazione risulta essere un diritto, come si ha diritto ad essere curati per qualsiasi incidente o malattia.
  • Chi desidererà un figlio, pensando anche a salvare la vita di qualche bambino che si trova in difficoltà, potrà affidarsi all'adozione. A chi sceglie l'adozione, viene ripetuto sin dal principio dell'iter che avere un figlio è una possibilità, che l'unico diritto è quello del minore di avere una famiglia dove crescere. Potrà essere ancor più fiero della scelta, potrà recuperare molta autostima ed elaborare i vari lutti prima e meglio, avrà liste d'attesa meno lunghe e forse, sarà ritenuto una risorsa più preziosa per gli enti, le persone e il mondo dell'adozione.
  
IN CONCLUSIONE

Chi si rivolgerà all'adozione lo farà con la determinazione di chi non solo di desidera un figlio, ma che vuole raggiungere un figlio attraverso l'adozione. Ci saranno meno aspiranti genitori adottivi, ma saranno più convinti dell'avventura che li attende. E per i bambini abbandonati che attendono una famiglia ci saranno meno possibilità? Forse sì, ma loro sono lontani, non votano, non contano, non scelgono, non esistono...  



L'abbandono secondo HARUKI MURAKAMI

Murakami Haruki (in giappone sempre prima il cognome e poi il nome) scrittore prolifico che scrive romanzi in cui la realtà si mischia spesso in scene oniriche, immaginifiche, quasi fantasy, ha scritto tra gli altri "Kafka sulla spiaggia" in cui il protagonista principale è Tamura Kafka, adolescente con molta iniziativa e profondi pensieri e riflessioni. È un libro di oltre 500 pagine in cui spicca tra gli altri questo dialogo introspettivo di un paio di pagine, che tratta dell'abbandono e degno di essere riportato quasi integralmente.

Il protagonista di questo dialogo con se stesso si fa chiamare Kafka (Tamura è il cognome vero), e un quattordicenne scappato dalla casa del padre e che è stato abbandonato a quattro anni dalla madre che si è portata via anche la sorella. Con il padre appena morto, pur convivendo, non aveva nessun tipo di familiarità. Il ragazzo chiamato Corvo è figura immaginaria che lo aiuta ad affrontare la vita e che appare nei momenti significativi. In questo caso le riflessioni sorgono mentre si sta perdendo volutamente in un bosco piuttosto impenetrabile.

Dubbio.
Perché non mi ha amato?
Non avevo le qualità necessarie per meritare l'amore di mia madre? È un interrogativo che mi brucia e mi tormenta ormai da tanti anni. Se mia madre non mi ha amato, non sarà stato per qualche mia grave mancanza di fondo? Perché ho una natura fondamentalmente corrotta? Perché ho qualcosa di innato che spinge gli altri ad allontanare lo sguardo da me?
Mia madre, prima di lasciarmi, non mi ha nemmeno stretto fra le sue braccia, né mi ha degnato di una sola parola. Si è voltata e se n'è andata insieme a mia sorella senza dirmi niente. È scomparsa dalla mia vista in silenzio, come fumo. E il suo viso si è allontanato da me per sempre.

(...)

La mente di nuovo mi trascina nella mia casa, a Nogata. Mi ritorna in mente con chiarezza il giorno in cui mia madre se ne andò, portando con sé mia sorella. Io sono seduto sulla veranda e guardo il giardino. È verso il tramonto, all'inizio Io sono seduto sulla veranda e guardo il giardino. È verso il tramonto, all'inizio dell'estate, e le ombre degli alberi sono lunghe. A casa ci sono solo io. Non so come, ma già mi rendo conto di essere stato abbandonato, e lasciato lì da solo. Capisco anche che questo fatto avrà probabilmente un'influenza profonda e decisiva sulla mia vita. Nessuno me l'ha spiegato. L'ho capito e basta. La casa è vuota e deserta come un posto di guardia abbandonato su qualche remota frontiera. Il sole sta calando a ovest, e io osservo le ombre che pian piano avanzano, prendendo possesso del mondo. Nella dimensione del tempo, niente torna mai indietro. I tentacoli dell'ombra erodono il nuovo territorio un gradino alla volta, e anche il viso di mia madre, che fino a poco fa era lì, adesso è risucchiato in quel dominio freddo e buio. Il suo viso, che con tanta durezza si è rivolto altrove, rifiutando di guardarmi, è automaticamente sottratto alla mia memoria e si cancella progressivamente.
Pochi giorni prima ha conosciuto la signora Saeki, direttrice della biblioteca in cui si è rifugiato, e ha immaginato che fosse la madre fuggita quando era piccolo. Questa ipotesi si rivelerà poi fondata. Per ora, però per lui è ancora solo un'ipotesi.


Mentre cammino per la foresta, penso alla signora Saeki. Rivedo il suo sorriso pacato e lieve, ricordo il calore delle sue mani. Provo a immaginarla come mia madre che mi lascia solo, quando ho appena compiuto quattro anni. Istintivamente scuoto la testa. Mi sembra talmente improbabile, incredibile. Perché la signora Saeki avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Perché avrebbe dovuto ferire, danneggiare così gravemente me e la mia vita? Dovevano esserci una ragione importante e un senso profondo che rimanevano avvolti nel segreto.
Provo a sentire quello che allora lei deve aver sentito, a immedesimarmi nella sua situazione di allora. Naturalmente non è facile. Io sono quello che è stato abbandonato, e lei quella che ha abbandonato. Ma dopo un po' di tempo riesco ad allontanarmi da me stesso. Il mio spirito sguscia dalle rigide vesti dell'io e si trasforma in un corvo nero che si posa su un alto pino nel giardino, e da lì osserva me, bimbo di quattro anni, seduto sulla veranda. Mi trasformo in un corvo nero che formula alcune ipotesi.

— Non è che tua madre non ti amasse, — dice il ragazzo chiamato Corvo alle mie spalle. — Anzi, ti amava profondamente. Prima di tutto, bisogna che tu ti convinca di ciò. Il punto di partenza è questo.
— Però mi ha abbandonato. Mi ha lasciato da solo nel posto sbagliato ed è scomparsa. E questo - oggi lo capisco fino in fondo - mi ha provocato ferite e danni gravissimi. Se davvero mi avesse amato, perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?
— Sì, le conseguenze sono state quelle che dici, — ammette il ragazzo chiamato Corvo. — Hai ricevuto ferite profonde, subito danni che ti porterai dietro per sempre. Provo una gran pena per te. Ma detto questo, bisogna che tu rifletta bene su una cosa: puoi ancora guarire. Sei giovane, e sei forte. Hai una notevole capacità di adattamento. Puoi curarti le ferite, alzare la testa e andare avanti. Per lei invece questo non è più possibile. È perduta: a lei non rimangono altre opportunità. Non è che qualcuno sia migliore di un altro. Semplicemente, chi possiede un vantaggio reale sei tu. È su questo che devi riflettere.

Io non rispondo.

— Il fatto è che tutto ormai è accaduto, — continua il ragazzo chiamato Corvo. — Non si può più rimediare. Allora lei non avrebbe dovuto abbandonarti, e tu non avresti dovuto essere abbandonato da lei. Ma le cose accadute sono come un piatto che si è rotto in mille pezzi. Per quanto uno possa tentare di incollarne i frammenti, non potrà tornare com'era in origine, non ti pare?

Annuisco. Per quanto uno possa tentare di incollarne i frammenti, non potrà tornare com'era in origine. È davvero così. Il ragazzo chiamato Corvo riprende.

— Anche in tua madre c'erano tanta paura e rabbia. Come in te adesso. Per questo allora lei dovette abbandonarti.
— Anche se mi amava?
— Sì, — risponde il ragazzo chiamato Corvo. — Sì, dovette farlo anche se ti amava. Quello che devi fare tu adesso è comprendere il suo stato d'animo di allora e accettarlo. Devi comprendere la paura e la rabbia che la opprimevano in quel periodo, e accettarle come se fossero tue. Non ereditarle e ripeterle. In altre parole, devi perdonarla. Naturalmente non è facile. Ma è quello che devi fare. Sarà la tua unica salvezza. È la sola opportunità che ti si offre.

Ci penso. Ma più tento di riflettere, più cresce la mia confusione. La mente è sconvolta, e ho tanti dolori nel corpo da sentirmi lacerare.

— Dimmi, la signora Saeki è mia madre? — chiedo.
— Ti ha già risposto lei, no? — dice il ragazzo chiamato Corvo. — Come ipotesi, è valida. È chiaro? L'ipotesi è ancora valida. Questo è tutto ciò che ti posso dire.
— Un'ipotesi che non ha ancora trovato una controprova abbastanza efficace.
— Esattamente, — dice il ragazzo chiamato Corvo.
— E io devo seguire seriamente questa ipotesi senza tirarmi indietro.
— Esattamente, — ripete il ragazzo chiamato Corvo con tono secco. — Un'ipotesi che non ha una controprova capace di confutarla è un'ipotesi che vale la pena seguire fino in fondo. Del resto, in questo momento è l'unica possibilità che hai. Non hai altra scelta. Devi seguire questa ipotesi fino in fondo, anche a costo di sacrificare te stesso. 

 — Sacrificare me stesso? — Qualcosa, in queste parole, mi risuona vagamente inquietante, ma non capisco perché.

Tuttavia lui non risponde. Un po' in ansia, mi volto. Il ragazzo chiamato Corvo è ancora lì, alle mie spalle, e cammina alla mia stessa andatura.
Che tipo di paura e di rabbia aveva dentro di sé la signora Saeki? E da dove nascevano? — gli chiedo mentre cammino guardando avanti.  
Tu che tipo di paura e di rabbia credi che avesse? — chiede il ragazzo chiamato Corvo, rimandando a me la domanda. — Pensaci. È una questione su cui devi riflettere bene, usando la testa. La testa serve proprio per questo.
 
Ci penso. Devo capire e accettare prima che sia troppo tardi. Ma non riesco ancora a leggere quei caratteri minuti che le onde lasciano sulla riva della mia coscienza. L'intervallo fra un'onda e l'altra è troppo breve.

— Io amo la signora Saeki, — dico. Queste parole mi vengono alle labbra con estrema naturalezza.
— Lo so, — risponde il ragazzo chiamato Corvo con tono brusco.
— È una sensazione che non avevo mai provato prima, — dico. — E in questo momento è per me la cosa più importante.
— Certo, è naturale, — dice il ragazzo chiamato Corvo. — È ovvio che per te sia così importante. Non è per questo che sei arrivato fin qui?
 
Però io ancora non capisco. Sono completamente smarrito. Tu dici che mia madre mi amava. Anzi, secondo te mi amava profondamente. Vorrei crederti. Ma ammesso che tu abbia ragione, io continuo a non capire. Non capisco come sia possibile che amare profondamente qualcuno voglia dire ferire quella persona in modo tanto crudele. Perché se così fosse, che significato avrebbe amare? Com'è possibile che succedano cose di questo genere?

Aspetto la sua risposta. Resto a lungo in silenzio. Ma la risposta non arriva. Mi giro. Il ragazzo chiamato Corvo non è più dietro di me. Sento, sopra la mia testa, un secco battere d'ali. Sei completamente smarrito.