mercoledì 16 novembre 2016

Se non ci fossero le adozioni ci sarebbero bambini da adottare?

Risposta a un commento al post ...e adesso pedala : "A 40mila genitori sono stati sottratti tutti questi 40mila bambini dalla nascita senza nemmeno avere la possibilità di fare il genitore. I nostri figli vengono dati a voi che li chiedete in adozione. Non potete nemmeno sapere che dolore ha una mamma al quale ingiustamente gli e stato negato di fare il genitore e per di più togliendo la podestà genitoriale per sempre. Praticamente non potremmo mai più fare un figlio. Adottate bambini stranieri che hanno bisogno. I nostri figli invece hanno i genitori vivi che combattono da anni per riaverli. Il vostro e solo egoismo. Usate il cuore ed il cervello non distruggete le famiglie. Grazie da parte di quei 40mila bambini che hanno i genitori vivi."

Alcune considerazioni:

A) I genitori adottivi NON hanno nessuna (sottolineiamo NESSUNA) parte nelle procedure di decadenza della potestà genitoriale. Se non ci fossero i genitori adottivi i figli allontanati dai genitori d'origine rimarrebbero in istituto (case famiglia) o in affido sine die; non sarebbero certo riaffidati alle persone da cui sono stati allontanati.
Quindi, se avete un residuo di amore verso chi avete partorito, dovreste essere grati ai genitori adottivi che accoglieranno, si prenderanno cura, ameranno quei nuovi figli che così non sentiranno la mancanza di una famiglia.
B) In nessun momento della procedura di allontanamento del minore da genitori considerati inadatti, i successivi genitori adottivi possono interferire, né possono conoscere gli atti del procedimento legale, né possono presentare istanze o farsi rappresentare legalmente. Anche quando il minore è in collocamento provvisorio presso di loro, sono un soggetto completamente estraneo a qualsiasi procedura. A discrezione del tribunale, ricevono solo le comunicazioni relative alle avvenute sentenze (senza altre informazioni, dettagli o motivazioni). 
C) Rischio giuridico significa che a volte per anni questi nuovi genitori amano e curano un bambino senza la certezza di poterlo tenere, senza la possibilità di fare qualcosa di concreto per intervenire sul suo avvenire, possono solo fare i bravi genitori in attesa di una sentenza definitiva che a volte (fortunatamente è raro) richiede che il figlio sia ricollocato nella famiglia d'origine (evento che spesso è dovuto a cavilli procedurali più che a giuste motivazioni).
D) I genitori adottivi non chiedono i figli in adozione; i genitori adottivi presentano una disponibilità ad accogliere in adozione un bambino che non ha più una famiglia (in stato di abbandono). Indifferentemente che sia stato abbandonato o che sia stato allontanato da genitori inidonei.

E) Non ci risulta che, in Italia, i figli vengano tolti alla nascita a mamme che non dichiarino chiaramente di rinunciare a tenerli; e anche in questo caso ci sono dei tempi non brevi che permettono alla madre di ripensarci.
F) Quando sono più grandi, in una legislazione che ha come prassi la difesa ad oltranza (a volte esagerata e immotivata) dei legami di sangue e che tergiversa nel prendere rapide decisioni riguardo all'inadeguatezza di certi genitori, ci riesce molto difficile pensare che un genitore da cui è stato allontanato un minore non abbia avuto tempo è possibilità per dare qualche segno di genitorialità adulta e consapevole per aggiungersi alle migliaia di genitori con i figli in affido temporaneo che sono in attesa di risistemarsi e riottenere i figli con loro.
G) Tra le migliaia di minori allontanati dai genitori d'origine, la maggior parte mostra danni fisici e psichici per aver subito violenze (anche sessuali), gravi trascuratezze, situazioni di vita meno che decorose, abbandono effettivo (anche se non dichiarato) e altre sgradevolezze. Quando la gravità dei fatti non richiede l'isolamento del minore dai suoii persecutori è sempre consentito ai genitori di rimanere in contatto con il minore (con accompagnamento o senza a seconda dei casi) e se il rapporto prormette una speranza di risoluzione l'allontanamento non è definitivo; si attiverà l'affidamento a comunità, a famiglie affidatarie, ecc
H) La constatazione di irrecuperabilità di un rapporto genitore-figlio per gravità dei fatti o mancamza di risposte soddisfacenti da parte degli adulti, porterà al decreto di decadenza della potestà genitoriale (come ultima ratio) a cui in genere viene fatta opposizione.
I) Dopo che i servizi sociali, il giudice di primo grado, il giudice di appello, la cassazione (in qualche anno di tempo) hanno giudicato una persona NON idonea a fare il genitore (non certo per capriccio, ma per motivazioni molto gravi), dopo il rischio giuridico sopportato con pazienza e con consapevolezza, la nuova famiglia adottiva NON merita che una persona estranea (dopo i decreti l'ex genitore lo è) cerchi in modi illegittimi e spesso illegali di contattare ancora il minore ad esempio tramite internet o social network (in buona compagnia di millantatori, truffatori e simili). 
Questo non è amore per quello che era figlio e che non lo è più, questo è puro egoismo. Si persegue un progetto fallimentare che può solo creare disturbo alla sua crescita psico-emotiva senza averne pratico giovamento personale che non sia la parziale attenuazione del proprio senso di colpa di non essere stati capaci di fare i genitori quando era il momento.

giovedì 9 giugno 2016

1) ...e adesso pedala

Durante il corso preadottivo, tra i tanti, ci venne raccontato un aneddoto che non ho mai dimenticato: una madre adottiva con la figlia, somaticamente diversa da lei, è al supermercato e per ragioni futili (che chi ha figli conosce molto bene) la figlia comincia a fare i capricci come solo i bambini riescono a fare... voce stridula, lacrimoni, piedi ben piantati a terra, braccio dritto e mano aperta verso la mamma per compensare la fissita del resto del corpo. 

Nulla che possa meravigliare chi è genitore e che ha vissuto simili momenti di imbarazzo: vietato sorridere per sdrammatizzare il momento davanti agli astanti, gli strilli cresceranno di intensità, impossibile accontentare le pretese in toto perché è pure diseducativo, cercare un compromesso? Sì ma è difficile perché la determinazione della figlia è granitica, vuole la mamma ma non la vuole ascoltare.

La sgradevolezza del momento si palesa in un attimo quando tra gli strilli si ode il commento acido dell'idiota di turno (che non manca mai e che non pensa di perdere un'ottima occasione per astenersi): "ecco prima li adottano e poi non sanno cosa fare". Il primo impulso è ovvio, voltarsi e lanciare un chiaro e inequivocabile "vaffa", a voce, a gesti, volgare o edulcorato, accompagnato dall'invito ben espresso di farsi i "fatti" suoi, ma c'è la figlia che sta vivendo un momento delicato, non tanto per il capriccio in sé, ma per le reazioni che osserverà nel genitore.

Per il genitore è un momento altrettanto importante: sta sperimentando che l'adozione non è amata da tutti; che dietro al piedestallo di santi su cui a volte ci issano, si nascondono ipocrisie e giudizi impietosi sulla validità della famiglia adottiva; che il vecchio detto "hai voluto la bicicletta e adesso pedala" lo accompagnerà fino alla fine dell'adolescenza (dei figli).

I nostri figli potranno avere difficoltà nei rapporti interpersonali con noi, con altri adulti o con i coetanei, a scuola o nella vita extrascolastica e noi che, a differenza dei genitori biologici abbiamo avuto la preparazione, che dobbiamo essere adeguati, che abbiamo studiato e siamo stati "promossi", noi che, persino nel disprezzo, siamo considerati "super-genitori", saremo quelli che hanno fallito, quelli che sono andati a "cercarsi delle grane" e non sono capaci di districarsi. 

Noi dobbiamo ricordarcelo, non dovremo mai sentirci incapaci o falliti, l'adozione può essere difficile, all'inizio o anche più avanti (alle soglie o durante l'adolescenza, ad esempio). Consapevoli della nostra fragilità familiare, chiederemo aiuto e ci impegneremo per risolvere un problema alla volta senza il peso di un eccessivo narcisismo genitoriale tipico di chi si specchia nelle somiglianze somatiche dei figli, siamo o non siamo i "super-genitori" della situazione?

Supereremo la paura di essere mal giudicati da chi ci sta intorno e i commenti esterni in questi momenti saranno solo un fastidioso brusio di sottofondo.


lunedì 16 maggio 2016

Padri e pannolini

Che bravo papà, è persino capace di cambiare i pannolini!

Sembra una frase innocua, ma quando è ripetuta troppo spesso diventa l'immagine della rappresentazione dei figli secondo una società che di figli ne sa sempre meno (perché quelli che scrivono e parlano pubblicamente probabilmente non hanno figli o demandano le loro cura ad altri).
Sveliamo un segreto a chi i figli non sa cosa siano: cambiare i pannolini fa un po' schifo ma è facile, si fa anche su un sedile dell'auto, in un angolo dei bagni pubblici, nello spogliatoio di una palestra o di una piscina, sul treno, ecc.
Allevare, sostenere ed educare un figlio è cosa molto più complessa fatta di azioni, scadenze e incombenze ben più complicate. E non si parla di fare delle pappe decenti partendo da alimenti freschi e possibilmente sani, non si parla di condurre il passeggino al parco o accompagnarli a scuola, in palestra, in piscina, al campo, ai vari corsi, dal pediatra, dal dentista, ecc. Non si intende far loro da autista, almeno non solo.

I figli crescono e continuano a cambiare le proprie necessità, e i padri perdono molto spesso il passo, non sanno la sezione della scuola che frequentano non aprono mai un quaderno o un libro di scuola, non conoscono gli insegnanti e subiscono le iniziative di scuola, di catechismo (se i figli frequentano). Non conoscono i nomi dei compagni e delle compagne e perdono pezzi importanti delle esperienze dei figli. Ma soprattutto non hanno in agenda le loro scadenze, sono avvertiti dalle mamme (che se ne occupano anche quando oltre alla casa da "tirare avanti" hanno anche un lavoro importante a cui pensare).
Ovviamente, non tutti i padri sono così, ma la società pensa chiaramente che avere figli significhi soprattutto cambiare i pannolini e in alcuni casi comprare un'auto più capiente. NON ha la minima idea di quanto oneroso e faticoso sia cercare di educare decentemente i figli in un contesto che è tentato giorno dopo giorno di negare l'importanza della famiglia e persino la sua esistenza.

venerdì 1 aprile 2016

Elementi su cui si basa la valutazione della coppia adottiva



Elementi su cui si basa la valutazione della coppia adottiva

 Aspetti individuali
  • Potenziali patologie
Tra gli obiettivi della valutazione, c'è la ricerca della presenza manifesta o latente nei genitori di squilibri o fattori patologici che possano impedire lo sviluppo di un attaccamento stabile e sicuro.

Valutando caso per caso è necessario evidenziare gli elementi che potrebbero costituire un ostacolo nell’abbinamento all’estero. Tra i fattori considerabili possiamo citare ad esempio disturbi della condotta, psicosi e gravi forme depressive.
  • Caratteristiche della personalità
Nello svolgimento della valutazione si verifica la presenza di alcuni fattori che risultano facilitanti nel percorso adottivo. Essi, ad esempio, possono essere: capacità di affrontare situazioni stressanti, capacità di adattarsi al cambiamento, senso della realtà, basso livello di ansia, vitalità, senso di adeguatezza personale, capacità di gestione adeguata delle proprie emozioni…
  • Relazioni con la propria famiglia d’origine e con la famiglia del bambino.
Nel corso dell’indagine hanno rilevanza alcuni aspetti quali: buon processo di separazione individuale dal proprio nucleo d’origine, consapevolezza e capacità di gestire i conflitti presenti, capacità di integrare la famiglia di origine del bambino con la propria rispettando la sua storia ed individualità.
  • Motivazioni
È molto importante che nel corso dell’istruttoria i genitori elaborino positivamente i fattori stimolanti che li hanno spinti verso la scelta adottiva, facendo emergere motivazioni correlate a problematiche individuali o di coppia, al bisogno di colmare un vuoto, attraverso un processo di piena consapevolezza del significato dell’adozione, in particolare dell’adozione internazionale.

Aspetti di coppia
  • Funzionamento della coppia
L’attenzione è focalizzata sulla valutazione della capacità di dialogo interna alla coppia, del buon clima affettivo, della coesione e condivisione di obiettivi ed aspirazioni, della capacità di contenere il dolore proprio e dell’altro, della capacità di affrontare i problemi che si presentano nel percorso, della capacità di gestire le differenze individuali in modo corretto.
  • Apertura e capacità di socializzazione
Nell’approfondire questo aspetto è importante far emergere soprattutto la capacità di consentire la socializzazione del bambino e di essere aperti all’accoglienza condivisa, la capacità di inserirsi agevolmente nel contesto sociale di appartenenza e la capacità di instaurare relazioni positive significative con ambienti extra-familiari.
  • Vissuto della coppia rispetto alla sterilità, all'infertilità. Elaborazione del lutto.
L'attenzione deve concentrarsi su temi quali: l’elaborazione del lutto per l’infertilità, vissuto non come una ferita aperta ma come una condizione che può essere rimediata mediante l’investimento in una procreazione affettiva, la capacità di dare un senso ed un contenuto emotivo appropriato agli eventi, l’elaborazione del lutto reale e la valutazione della relazione tra il lutto e la decisione adottiva. Questi aspetti sono particolarmente delicati poiché riguardano possibili vissuti profondi e dolorosi, che potrebbero richiedere un supporto specifico a parte.
  • Spazio mentale preparato per il bambino.
Si deve porre particolare attenzione alla capacità di acquisire il figlio adottivo come parte di sé, ma allo stesso tempo di accettare il bambino come altro da sé, portatore di una sua storia e cultura, maturando il passaggio dal bambino immaginario al bambino reale.
  • Capacità della coppia di prefigurarsi l'esperienza genitoriale ed educativa.
La coppia deve mostrare consapevolezza e disponibilità verso l'eventuale necessità di modificare propri assetti organizzativi in funzione del bambino, ma anche di assumere un ruolo genitoriale, maturando una capacità di affrontare situazioni di cambiamento e squilibrio, riadattando le relazioni con la famiglia di origine. La coppia deve sviluppare un alto livello di accordo circa gli stili educativi utilizzati, deve essere in grado di utilizzare eventuali risorse esterne richieste e incoraggiare la dipendenza del bambino per poi sviluppare una graduale autonomia.
  • Presenza di altri figli naturali o adottati.
Nel caso che nella famiglia adottiva siano presenti altri figli (sia biologici che adottivi) è indispensabile valutare la modalità relazionale utilizzata dalla coppia e altresì valutare il nucleo allargato, esaminando l’atteggiamento degli altri figli nei confronti dell’adozione, la loro situazione e il significato che ha per loro l’inserimento di un nuovo figlio all’interno della famiglia.
Aspetti specifici per l’adozione internazionale
La coppia che intraprende il cammino dell’adozione internazionale deve approfondire altri ulteriori aspetti, caratteristici di questa scelta:
  • Tempi di attesa, problematiche amministrative e rischi sanitari 
Nell'adozione internazionale la coppia deve essere consapevole della necessità di affrontare la scelta dell'ente autorizzato, la preparazione della documentazione da presentare all'estero, degli adempimenti amministrativi, delle difficoltà e dei tempi del viaggio e della permanenza nel paese d'origine del figlio e deve mostrare la capacità di comprendere la possibilità della presenza di rischi sanitari incerti e non preventivabili.
  • Differenze somatiche, razziali, culturali, etniche, linguistiche. 
La coppia che intraprende il cammino dell’adozione internazionale deve approfondire altri ulteriori aspetti, caratteristici della scelta che ha fatto: le problematiche relative all’accoglienza di un bambino di razza, etnia, lingua, cultura… diverse, la necessità di considerare la propria famiglia come “interetnica”, come paradigma di "accoglienza", la capacità di superare e resistere ai pregiudizi sociali relativi alle diversità, di tollerare e spiegare al bambino atteggiamenti di razzismo, di sostenere il bambino durante il processo di elaborazione delle fantasie sui luoghi e sulla sua famiglia di origine.
 

giovedì 24 marzo 2016

Articoli vari


Elenco dei post più significativi del blog

Adopted is the new black...

Adopted is the new black (anche quando gli adottati non sono neri o con tratti somatici esotici)?

Il bullismo pensa di sì. Alle medie e nelle prime classi delle superiori, in mancanza di altri candidati, capita che, conosciuta l'origine adottiva di un ragazzino, viene isolato o sottoposto a violenze anche solo verbali, insulti, vessazioni, scherzi, ecc..., dal gruppo capitanato dal solito bullo. 
Per chi non lo sapesse la differenza tra un sano scherzo in compagnia e il bullismo è dato dalla frequenza, dall'insistenza, dalla pesantezza, dalla scelta delle vittime tra categorie presunte deboli o diverse. 
Nello specifico è ancora più probabile che la vittima sia una ragazza adottata e che il clan che la perseguita sia composto prevalentemente da ragazze come nei peggiori film della serie "american idiots". La scuola e i professori in questi casi non mostrano la reattività che esprimono quando la vittima è facente parte di categorie protette (disabili, affetti da dsa o altro) perché pensano che sia un fenomeno trascurabile. 
La dirigenza cerca sempre di minimizzare perché è conscia che la famiglia potrebbe ricorrere alle vie legali verso la famiglia del bullo e verso la scuola che non riesce a controllare il fenomeno. La miglior soluzione spesso è di cambiare scuola, liberarsi così di minacce, insulti, persecuzioni ed altro. . In questi casi la scuola oppone una blanda resistenza (affermando che fuggire è una sconfitta, che nella nuova scuola potrebbe ripetersi, facendo intendere che la vittima è in parte corresponsabile di ciò che le accade - certo è adottata!), ma i genitori che hanno avuto il coraggio di cambiare hanno ottenuto di ritrovare nel figlio/a la tranquillità, la passione dello studio, un rendimento migliore, ecc. 
Quindi non abbiate paura di andarvene - è inutile lottare inutilmente per soffrire e ottenere solo delle svogliate scuse solo formali da parte delle famiglie dei volonterosi carnefici del bullo che non viene punito perché "proviene da situazioni di disagio e quindi è da comprendere (per fortuna non da giustificare)". 
Rimanendo si fa solo un favore alla scuola che potrà affermare di "avere risolto il fenomeno del bullismo con la mediazione e un intervento puntuale, bla bla..." quando invece ha solo spostato lo sporco sotto il tappeto.
L'aspetto disarmante è che bisogni ed esigenze di figli dei separati, dei divorziati, degli orfani di un genitore, dei figli di un disabile, ecc. sono percepiti dagli operatori scolastici come primari rispetto a quelli di un figlio adottivo. Il figlio adottivo è felice, ha entrambi i genitori sani e preparati e quindi non ha subito traumi!

mercoledì 16 marzo 2016

Garanzia di successo?

Quale garanzia avrà quel bambino di sentirsi figlio...

Quando si pensa alle procedure che precedono l'adozione, si pensa soprattutto al fastidio di dover essere giudicati dai servizi sociali, di dover giustificare la disposizione delle stanze della casa, di dover raccontare le aspirazioni, i desideri, le paure, le disillusioni, il lutto da elaborare; ma cos'è questo lutto? Se siamo solo un po' delusi? Non è sufficiente? Avremmo dovuto prima precipitare nell'abisso della disperazione, per poi risalire verso una nuova speranza? Provare una nostra personale passione e resurrezione?
Aspettare settimane che i servizi abbiano tempo e personale per incontrarci più volte, per alcuni è scomodo, per altri è noioso o semplicemente tempo buttato. Perdere giornate lavorative per raccontarsi e parlare di temi scomodi con il timore di dire qualcosa che possa indisporre gli astanti, con la paura di sembrare troppo o troppo poco coinvolti emotivamente o troppo razionali, o aver timore di non sembrare equilibrati all'interno della coppia come se il desiderio di adottare fosse progetto di uno solo assecondato passivamente dall'altro è sicuramente fonte di stress. 
Sembra incredibile, ma ci sono casi di coppie che sono scoppiate durante il periodo di valutazione pre-adozione... ma forse queste non erano idonee a rimanere unite.
Per la maggior parte di noi, persone comuni di qualsiasi censo o educazione sedersi davanti a una coppia di assistente sociale e psicologa o davanti a un giudice, non è cosa di tutti i giorni. Cosa ne sappiamo di bambini? E soprattutto cosa ne sappiamo di bambini adottivi? Mostrare sicurezza è positivo? Oppure ostentarla produrrà un effetto negativo? Il figlio immaginato avrà tratti troppo delineati o troppo vaghi? Ci si sentirà già "incinti"?  Troppo o troppo poco? Per non parlare dei tratti somatici, del colore della pelle, della provenienza, del rischio giuridico, del rischio sanitario, e così via: troppo disponibili, quindi poco credibili o troppo poco disponibili e quindi troppo rigidi ed esclusivi? 
E poi, le domande imbarazzanti che ci sta ponendo l'assistente sociale (di solito fa la parte del poliziotto cattivo, quello buono è la psicologa, ma non sempre) sono domande disinteressate o sono provocazioni? Dobbiamo rispondere col sorriso anche su temi difficili oppure sembriamo troppo frivoli e dobbiamo rimanere seri rischiando di sembrare infastiditi dall'invadenza nella nostra vita privata? 
E, infine, la relazione finale che ci stanno leggendo corrisponde veramente a noi oppure abbiamo l'impressione che sia stato omesso qualcosa o che ci siano delle approssimazioni? Nel caso sarebbe meglio correggerla, perdendo altro tempo e forse peggiorando la nostra presentazione, oppure lasciamo qualche piccola inesattezza? 
Dovremo incontrare un giudice che dopo aver letto la relazione si illuderà o farà finta di conoscerci, ci porrà domande le cui risposte sono già nella relazione o da quella sono deducibili, ci chiederà di fratrie, età, problemi di salute, ecc. e passerà altro tempo.
Trascorreremo altri mesi, anni in attesa del decreto, di documenti amministrativi, disponibilità degli enti o dei tribunali a considerarci, in attesa di scalare gli elenchi nei tribunali o negli organi costituiti del paese straniero scelto.

Sin dall'inizio, in questo tempo di attesa pensiamo a un bambino che ci aspetta in un istituto vicino o lontano che sia non ci è dato di saperlo, non ne conosciamo l'età, le fattezze, il colore di pelle, occhi e capelli, non ne conosciamo il carattere, né lo stato di salute. Sappiamo solo che sarà nostro figlio, prima o poi. Quando si deposita la disponibilità all'adozione, o ancor prima, quando si matura l'idea comune (di entrambi) di cercare un figlio nell'adozione, la domanda naturale è se ci si riuscirà, quali garanzie avremo di successo? Ma la maggior parte di noi pensa che il successo sia tornare a casa con un figlio e un documento anagrafico che lo dichiara tale. 

Sbagliato! 

La domanda dovrebbe essere, da subito, quale garanzia di successo avrà quel bambino di sentirsi figlio, di sentirsi parte di una strana cosa chiamata "famiglia adottiva" composta da persone eterogenee (geneticamente distanti) tenuta insieme da una colla di affetti forti ed elastici?

Noi adulti pensiamo che sia difficile diventare genitori adottivi, e un po' effettivamente lo è, non è certo semplice come "unirsi e moltiplicarsi", ma dovremmo cercare di comprendere come sia più difficile diventare figlio adottivo, quasi sempre già un po' grande, quasi sempre con brutte esperienze precedenti (anche il solo abbandono è sufficiente, è un rifiuto), spesso spostato dal luogo d'origine, strappato rapidamente dalle abitudini, dal mondo in cui si trovava e affidato a sconosciuti anche molto diversi dagli adulti conosciuti fin lì. 

A Torino si è fatta una ricerca statistica sulle cause dell'insuccesso delle adozioni. Il tribunale di Torino nel periodo preso in esame era noto per essere restio a distribuire facili decreti di idoneità. I decreti erano ottenuti comunque da numerose coppie che presentavano ricorso. Nella ricerca si è evidenziato che tra le coppie che avevano ottenuto l'idoneità dopo ricorso, l'incidenza di criticità, fallimenti e restituzioni è risultata significativamente maggiore rispetto alle altre coppie. 
Anche per questo, eliminare il decreto di idoneità è impensabile. L'idea di rivedere il processo di valutazione della coppia dovrà tener presente lo scopo finale del processo adottivo che non è fornire figli a chi li desidera, ma far diventare figlio un bambino abbandonato. 



domenica 6 marzo 2016

Empatia?

L'empatia, in parole povere, è la dote di "mettersi nei panni" di qualcun altro.

Proviamo allora a essere empatici nei confronti di una coppia di omosessuali che convive da tempo o ha intenzione di farlo.. Risulta palese che ciò che ad altri sembra una pretesa senza fondamento, per loro è una speranza e un diritto: potersi definire legalmente nucleo familiare, prima ancora di accedere all'eredità, alla pensione di reversibilità, alla successione nei contratti d'affitto, nell'accesso alle notizie mediche, ecc.
Il passo successivo all'essere coppia è altrettanto ovvio, poter fondare una famiglia avendo dei figli, Passo relativamente semplice per una coppia di omosessuali femmine, ma piuttosto complesso per una coppia di omosessuali maschi che dovrebbero rivolgersi a una maternità surrogata con tutti i dubbi etici (e l'impegno economico esorbitante) che ciò comporta per gli stessi aspiranti genitori.

Proviamo ora ad essere empatici verso un adolescente che conviva con due uomini adulti (o due donne) che si considerano una coppia, come vi sentireste (da adolescenti che mettono in discussione le figure "genitoriali")?

La scelta dell'adolescente (maschio o femmina declinano in modo differente il periodo ma hanno tratti comuni) è esemplificativa. Non siamo più in presenza della schiera di bambini piccoli e felici di essere speciali perché hanno due mamme o due papà (fatti vedere impudicamente e spudoratamente dalla tv iena), siamo presenti alle crisi identitaria dovuta a un periodo dello sviluppo dei ragazzi; un periodo che in situazioni di stabilità già può essere devastante per tutta la famiglia. 
Sono gli anni in cui i figli devono smontare le figure dei genitori-eroi della loro infanzia, "tirarli giù" dal piedestallo. Mettere in discussione tutte le convinzioni condivise all'interno del nucleo familiare, tanto più quando le convinzioni si riflettono profondamente sulla vita della famiglia e quindi risultano fortemente radicate nelle idee e nei comportamenti dei genitori (l'omogenitorialità non si persegue se non si è profondamente convinti della sua validità e attuabilità).
In caso di omogenitorialità (forse anche aggravata da origini incerte come l'utero in affitto) le cartucce in mano all'adolescente diventano mine anti-uomo (anzi anti-omo). 
Di chi sono figlio? 
Con le somiglianze, se i gameti sono di almeno uno dei genitori, l'adolescente riuscirà a capirlo anche davanti all'incertezza o all'omertà di chi ha costruito artificialmente questa "famiglia" monocromatica (o omocromatica, altro che arcobaleno).
Una volta individuato il genitore biologico, l'altro chi è? 
Un estraneo (estranea) che fa sesso con lui?! 
Anni di convivenza e di esperienze comuni possono infrangersi come una bella vetrata colorata (arcobaleno?) davanti all'adolescente che scopre di non poter essere omologato ai coetanei, che penserà di essere stato ingannato dal destino che gli ha negato qualcosa (anche se non sa cosa).
E l'adolescente, dopo questo processo distruttivo di demolizione radicale o parziale della famiglia riuscirà a ritornare? (cosa che spesso avviene nelle famiglie tradizionali, quelle monocrome noiose pantofolaie e omologate famiglie con padre, madre e figli). O in lui sarà scattato qualcosa di irreversibile?  Es, io e super-Io, la coscienza del sé, l'autostima, l'identità e tutte le varie invenzioni degli psicologi che le usano a uso e consumo delle proprie convinzioni, il malessere esistenziale, il sospetto di essere stato preso in giro (dal destino, dalla divinità in cui crede o semplicemente dagli adulti), dove lo condurrà?

Ognuno può, mediante l'empatia, cercare di immaginarlo tenendo ben presente che l'orientamento sessuale e ideologico o religioso di questo ragazzo potrà essere molto diverso, anche antitetico a quello dei genitori.

lunedì 29 febbraio 2016

Adozione no, meglio la surrogazione secondo chi la vende.

Quando si polemizza sulla fecondazione artificiale, (soprattutto quella eterologa) e sulle differenti regole connesse (accesso alle origini, costi e rimborsi, preparazione psicologica all'accoglienza, segretezza, ecc) si viene criticati soprattutto perché non viene percepita la sostanziale concorrenzialità tra questi differenti percorsi per avere un figlio.

Inoltre è in atto un processo diffuso di sdoganamento della maternità surrogata (pratica eticamente molto discutibile basata sullo sfruttamento delle donne e la mercificazione dei neonati partoriti ad hoc) come unica risorsa disponibile alle coppie omosessuali maschili per avere figli. Riconoscendo il diritto di averli a queste coppie non si può prescindere dall'accettare il male necessario della surrogazione. (circa l'80%  degli italiani, per ora, sono contrari).

Adozione e surrogazione però sono percorsi profondamente diversi anche se il punto in comune è l'obbiettivo di diventare genitori (e non è poco). Ma le aziende del settore (pratiche procreatrici artificiali) che sono riunite sostanzialmente in un cartello internazionale invece sanno molto bene come trovare nuovi clienti e creano pagine che si occupano fintamente di adozione inserendoci i loro spot riguardanti i loro servizi - perfino la maternità surrogata - (pratica, ad oggi, proibita in Italia ma aggirabile tramite svolgimento all'estero e la recente accondiscendenza giuridica al rientro in Italia).

La tecnica di convincimento è semplice: si mettono sullo stesso piano le due pratiche già dal titolo e poi si terrorizzano i lettori elencando tutti i pericoli e i difetti dell'adozione, confrontandoli con le facilità e le sicurezze della surrogazione che si può giustificare moralmente persino attraverso la lettura delle sacre scritture. Non si fa riferimento ai costi che potrebbero non essere paragonabili (ma anche questo potrebbe non essere così sicuro a priori).  

Sembra il testo di una televendita di padelle, poltrone rilassanti o box doccia... Leggere per credere! (non si cita la fonte per non farle facile pubblicità, ma un motore di ricerca qualsiasi troverà facilmente le pagine in questione)

Adozione o surrogazione – I due lati della medaglia

L’adozione di un bambino istituzionalizzato o una donna che accetta di dare alla luce il vostro bambino. Si tratta di due varianti per le coppie infertili (o coloro che vogliono avere figli, ma, per qualsiasi motivo, non possono farlo naturalmente) che riguardano lo scopo di creare una famiglia. 

L’adozione è un percorso piu duro rispetto alla maternità surrogata. Come mai? Cerchiamo di chiarire questa cosa. I genitori che vogliono adottare un bambino abbandonato in un orfanotrofio, devono considerare che questo bambino potrebbe avere problemi di salute, l’eredità genetica discutibile, e il processo di adeguamento in una nuova famiglia potrebbe essere piuttosto complicato. Inoltre tutti questi aspetti sono piuttosto imprevedibili e possono causare spiacevoli sorprese in futuro.

ADOZIONE = rischio sanitario, rischio giuridico, inserimento problematico, complicazioni legali e amministrative

La maternità surrogata è un programma medico che è diventato estremamente popolare in tutto il mondo.

Ogni mese, migliaia di coppie sterili vanno in paesi in cui la maternità surrogata è consentita dalla legge locale e viene condotta senza alcuna difficoltà. In caso di maternità surrogata tutto è quasi naturale. In particolare, la madre surrogata porta semplicemente in grembo un bambino che non ha alcun legame biologico con lei. Geneticamente il bambino ha un legame biologico con la coppia per la quale la madre surrogata lo porta. Dopo la nascita del bambino, la famiglia ha il diritto di stare con lui dal primo giorno della sua vita, e la madre surrogata non ha alcun contatto con il neonato. Nei primi giorni di vita il bambino conosce e sente i suoi genitori che lo curano. 

ADOZIONE = il bambino non ha i tuoi geni e quindi potrebbe essere figlio di delinquenti, minorati, avere contributi razziali impresentabili nel suo corredo genetico (insomma è senza pedegree, non ha un albero genealogico pubblicabile)

Mentre nel caso dell’adozione, è estremamente difficile e non sempre possibile adottare un neonato in Europa. Molte coppie straniere si recano in Ucraina o in Russia, al fine di adottare un bambino. I cittadini di Spagna, Italia, Israele, Francia e gli Stati Uniti sempre più spesso adottano bambini ucraini.

ADOZIONE = negazione della felicità di averlo neonato (appena sfornato e tolto a chi l'ha partorito)


Inoltre un gran numero di rappresentanti di questi stati vanno in Ucraina anche per la maternità surrogata. Questo paese è il più accogliente riguardo la maternità surrogata! In caso di maternità surrogata, la donna che porta un bambino per una coppia infertile firma una smentita ufficiale (significa che non ha diritti e doveri riguardo questo bambino) e offre ai genitori biologici il loro bambino dopo la sua nascita. Scelgono un nome per lui; redigono i documenti in cui sono elencati come genitori.

SURROGAZIONE = certezze su salute, corredo genetico, somiglianza, razza, documenti legali immediati, gestazione corretta. tempi certi, nessuna complicazione di ricerca delle origini e tanta felicità del possedere il bambino dal momento della nascita.

Le persone che decidono per un passo così importante come l’adozione di solito ottengono un grande rispetto e il sostegno della comunità a differenza di chi decide per la maternità surrogata, che si fa carico di forti dibattiti poichè è considerata una decisione piuttosto immorale. La Chiesa è il principale avversario della maternità surrogata. Ma scavando più a fondo nella storia, vediamo che l’Antico Testamento descrive una delle prime storie di maternità surrogata. La moglie di Abramo, Sara, era sterile. È per questo che ha invitato la sua serva e le ha permesso di concepire e dare alla luce il loro figlio. Nei tempi biblici si credeva che se una donna non potesse avere un bambino avrebbe potuto trasmettere alla serva questa missione.

ADOZIONE = atto che porta rispettabilità da parte della comunità (ma la surrogazione può essere nascosta alla società e poi perfino nella bibbia....)


Nelle stesse pagine si trovno altre riflessioni che riibadiscono il concetto:

Adozione e maternità surrogata – due facce di una stessa medaglia chiamata “infertilità”. Le coppie sterili che vogliono adottare un bambino sanno che poteva far parte di una famiglia di alcolizzati, tossicodipendenti, persone che vivono con l’Hiv, il virus dell’AIDS o malattie genetiche, da una famiglia con anamnesi negativa e cattive abitudini. 

ADOZIONE = anche se non ti interessa niente dell'albero genealogico e delle origini genetiche mischiate nel figlio, non puoi essere indifferente alla possibilità di malattie gravi come l'AIDS o alla convivenza in un grembo di alcolizzata, tossicodipendente, ecc. 

Questa bambina ha già avuto una certa cronologia e la visione precedente di una famiglia. 

Il bambino surrogato sarà geneticamente correlata con la coppia. Per condurre la procedura di fecondazione in vitro, l’embriologo seleziona le cellule sane e con più alta qualità. Alla fine dei programmi, la coppia riceve tutta la documentazione necessaria, sulla quale sarà scritto in bianco e nero che sono i genitori. Oggi, la maternità surrogata è l’alternativa principale per l’adozione. Nonostante la condanna in tutto il mondo, la maternità surrogata e “bambini in provetta” fanno risparmiare molto tempo e sono piuttosto richieste tra le coppie infertili in tutto il mondo. Anche se, non importa cosa, alla fine cito qui le parole di un autore: “. Ognuno di noi ha le proprie difficoltà, le proprie misure e i propri metodi da superare . I confronti inutili non sono necessari”.

ADOZIONE = perdita di un sacco di tempo con risultati ignoti e pericolosi.

MESSAGGIO in sintesi = non fare il fesso! scegli la surrogazione, solo vantaggi, nessun svantaggio e non farti venire sensi di colpa perché anche nella bibbia succede in un caso importante come quello di Abramo (mica uno qualsiasi). Scegli la via più sicura per diventare genitore (disponibile per coppie eterosessuali, single e omosessuali). 

venerdì 22 gennaio 2016

Confessione

Postata così com'è senza commenti:

"Grazie all'anonimato posso permettermi di raccontare una pezzo della mia vita di cui un po' mi rammarico, ma che è definitivamente superato. Mi scuso anticipatamente per la crudezza delle situazioni che racconterò, ma questo è stato, dipingerlo a tinte rosa non ne cambierebbe la sostanza e raccontare la storia senza ipocrisie è anch'essa una forma di espiazione che pago volentieri.  
Più di 15 anni fa partorii una bambina e me ne disinteressai completamente. Venivo da un lungo periodo di tossicodipendenza che continuò anche successivamente "all'incidente di percorso" di rimanere incinta e farla nascere. Il padre probabilmente era il pusher che ogni tanto accettava il pagamento in "natura", ma avevo anche frequenti rapporti occasionali probabilmente non protetti, quindi non c'è certezza e comunque quel pusher è morto accoltellato da tempo. La lucidità mentale non era una caratteristica che accompagnava la mia vita in quel periodo e la memoria ne risente. Avevo accolto la notizia di essere incinta con una sorta di disinteresse fatalista. Pensavo morisse prima di nascere dato che non mi negavo nessun comportamento dannoso sia per me che per chi avevo in pancia. Coca, ero, acidi, pasticche, alcol, ecc. mi calavo qualsiasi cosa mi facesse star bene. Mia madre mi ronzava attorno interessata alla nascitura, impedendomi di abortire o di esagerare, ma io avevo le mie buone strategie per fregarla come ho sempre fatto. 
Quando nacque non me ne accorsi, ero in overdose e l'ambulanza mi raccolse per strada in un angolo dove mi ero bucata e svenuta. In ospedale non firmai per rimanere anonima e quella che voleva essere sua nonna probabilmente ebbe un certo peso nelle scelte di quel momento anche perché poi cercò di appropriarsene. Non so o non ricordo bene come si svolsero i fatti, io finii a disntossicarmi, inutilmente (almeno quella volta e le due successive). Mia madre tentò più volte anche con un avvocato di opporsi alla perdita della nipote, ma quando chiesero il mio parere dissi che non la meritava. Sarebbe stata meglio lontano da noi. I giudici mi diedero ragione, la nostra bella famiglia, pur non mancandole nulla, non aveva dignità; meglio perderci. Da mia madre seppi in seguito che la bambina finì in adozione dopo tre o quattro anni di avvocati e di sentenze sempre contro di noi. Cioè contro mia madre perché io non volli mai partecipare a quel teatrino organizzato da una madre che probabilmente avrebbe voluto una seconda possibilità di crescere qualcuno senza gli errori che aveva commesso con me. Secondo me li avrebbe ripetuti o ne avrebbe inventati di peggio, inutile e testarda com'era. Tra l'altro tabacco e bottiglia se la sono portata via già da un po'.  
Però, non vorrei che qualcuno pensasse che mi sono pentita delle mie scelte di allora. No non c'è nessun pentimento, a cosa servirebbe, ormai è andata, mi sono rovinata, ma mi sono anche divertita un sacco. Sono stata male, ma ho anche goduto e vissuto cose che molti altri non hanno mai provato e non proveranno mai. Non ho rimorsi, né rimpianti, né nostalgia anche ora che non sono più una tossica, che ho un lavoro, una casa, qualche hobby e passo il tempo a curare i malanni che mi sono procurata vivendo una decina d'anni o più in maniera autodistruttiva.
Qualcuno si chiederà se abbia il desiderio di sapere come stia quella bambina sopravvissuta ai veleni che le ho somministrato, che ho ignorato quando è nata e quando per un po' di mesi ha aspettato in istituto un mio segno di interesse. No desiderio no! Curiosità sì forse un po' di curiosità, e chi non ne avrebbe? Mi piacerebbe sapere qualche notizia, se è sana o se porta anche lei i segni di (quasi) nove mesi delle merde che circolavano nel mio sangue. Che sia sopravvissuta fino a tre, quattro anni l'ho dedotto dal lungo e inutile incaponirsi di mia madre e dal balletto giudiziario dei ricorsi e appelli da lei perpetrato, della sua salute non so niente.
Confesso che durante l'ultima disintossicazione ho pensato intensamente a quella bambina e ho sperato (se fossi stata credente probabilmente avrei pregato) che non sia rimasta minorata o segnata dalle sostanze che sniffavo, mi iniettavo o ingurgitavo; che non sia sieropositiva come lo sono io (non vi dirò a quali malattie per non annoiarvi).
Ma la mia curiosità è destinata a rimanere tale. Mi auguro che non venga a cercarmi, che non mi trovi, che stia bene nella sua famiglia attuale. Se mi cercherà io mi negherò. La mia vita è tutt'ora disordinata. Non a caso non mi lego mai a nessuno per più di brevi periodi. E non potrei sopportare di dover rispondere delle scelte di allora verso chiunque. Non voglio nemmeno raccontarle inutili scuse, chiedere perdono, invocare false attenuanti. Dal nostro incontro ne uscirebbe delusa, arrabbiata, depressa, colpita. E potrei uscirne male anch'io. Non vorrei farci del male una seconda volta. Non la voglio incontrare, e se proprio vuole costruirsi una figura immaginaria è meglio che sia di fantasia perché quella reale sarebbe molto peggio."




lunedì 11 gennaio 2016

Ancora la ricerca

Dopo aver letto dei commenti di chi insiste sulla assoluta necessità di organizzare l'incontro tra genitori d'origine e figli adottivi (o comunque abbandonati anche se rimasti in istituto) (www.italiaadozioni.it/?p=7592), vorremmo citare una risposta che forse può apparire cinica e brutale, ma che ben descrive oggettivamente la situazione:  

"... in quanto a pregiudizi, stereotipi, luoghi comuni (e anche favolette) la società è colma di storie lacrimevoli di mamme d’origine a cui hanno strappato ingiustamente i figli, di donne costrette da immani circostanze ad abbandonarli contro la propria volontà, di mamme “povere di spirito” a cui hanno sottratto il bambino con l’inganno, e così via. 
Storie del tipo: “Per salvare il figlio lo affidò alle acque del grande fiume adagiato con amore in una cesta galleggiante…” 
Meno conosciute e tramandate sono le numerose storie di violenza e abuso certo e reiterato verso un essere indifeso (anche solo l’abbandono è abominevole, figuriamoci la violenza), oppure le sordide storie di donne che hanno rifiutato la maternità come se fosse slegata dalla sorte della vera vittima, che non ha potuto scegliere, non ha potuto opporsi alla decisione di una donna che gli ha causato danno biologico, morale ed esistenziale ma che per un’anomalia di pensiero non è perseguibile, perché l’ha fatto nascere (anche se per farlo soffrire). 
Pensare male delle mamme è indelicato, ma ci sono mamme che non amano il bambino che hanno in pancia, ma la società non concepisce questa possibilità come reale. Anzi, si vuole il perdono automatico, la redenzione, il ricongiungimento, dopo vent’anni o più quando il figlio (che non è più loro figlio) è ormai grande e autonomo e semmai potrebbe diventare un valido aiuto verso la propria vecchiaia. Ci sembra molto comodo sfruttare i problemi esistenziali altrui per poter curare i propri rimorsi tardivi per averlo abbandonato “mollandolo” a una sorte sconosciuta (non a una vita sicuramente migliore, come nella favole, ma a un destino ignoto senza mamma).  
Fermiamoci in quell’istante. In quel preciso momento non c’è ancora l’adozione che cura l’abbandono, non c’è la possibilità o la probabilità o la speranza di una vita migliore… c’è un rifiuto e la prospettiva di un’esistenza in salita, senza certezze, a questo viene affidato il figlio che si abbandona. 
Molti figli abbandonati soffrono per tutta la vita questo rifiuto d’origine e per colpa di una società pronta a perdonare chi ha deciso e causato la separazione cercano in loro stessi il difetto, la causa dell’accaduto. 
Quando poi cercano di riannodare i fili della propria vita sono costretti a cercarli proprio in quella persona che ha causato il loro dolore. Almeno non dipingiamo di rosa quest’evenienza. Almeno non costruiamoci attorno simbologie e significati atti a cancellare le reali responsabilità. Non consideriamoli passi sufficienti a colmare il vuoto dovuto al rimpianto di chi ha abbandonato. 
La ricerca delle origini deve rimanere una libera facoltà solo per quei figli adottivi che hanno la necessità di percorrerla e la normativa non deve ostacolarla nel pieno rispetto delle parti e con le cautele necessarie."

Citiamo anche un altro post molto più soft che risulterà gradito a chi ama ancora le favole e le soap...

"L’amore, in generale, è un sentimento che viene dalle viscere. Non è solo “spirito”, nel senso di pura astrazione. Non è solo la mente ma è tutto il nostro corpo ad amare, a spingerci a desiderare profondamente, visceralmente, il bene delle persone che amiamo. Se l’amore fosse solo una questione di DNA allora ameremmo solo i nostri parenti, invece non è così. Si ama, infatti, anche il marito, la moglie, il fidanzato, l’amico; e li si ama in modo non meno viscerale rispetto a chi ha nelle vene il nostro stesso sangue. Ecco Perché le mamme adottive avvertono sin nella propria carne il legame con i loro figli. L’amore non ha DNA..." (Patrizia)

Cfr: La ricerca delle radici

 

martedì 5 gennaio 2016

Adozione ed eterologa a confronto?


Perché?

"Perché tutte le considerazioni poco lusinghiere (se non negative) del mondo delle adozioni nei confronti della procreazione assistita eterologa?"

I motivi sono molti e oggettivamente indipendenti dalle convinzioni etico-morali della questione eterologa. Quindi innanzi tutto non riduciamo tutto a un confronto ideologico, ma cerchiamo di essere logici.

L'adozione è difficile
  • quella nazionale per il numero esiguo di bambini rispetto alle coppie che si rendono disponibili
  • quella internazionale per i costi che sono aumentati moltissimo (negli ultimi 10 anni quasi raddoppiati perché se in Italia c'è deflazione, nei paesi emergenti c'è inflazione (ad esempio)
L'adozione è lunga e complessa
  • Alla coppia è richiesto un lungo percorso di maturazione verso l'accoglienza di un figlio "diverso da sè" e considerando le risorse quasi nulle destinate all'adozione si lavora molto sulla coppia prima, perché, dopo, il post adozione pubblico è inesistente e le difficoltà con minori sempre più grandi e/o difficili è lasciata alle risorse dei genitori.
  • I tempi di attesa non sono solo lunghi ma soprattutto incerti, le assenza dal lavoro in tempi di crisi e l'esborso di denaro in tempi di crisi sono ostacoli non trascurabili.
  • Si deve considerare anche la necessità di ritagliare altri tempi e risorse indefinibili, successivamente all'adozione per curare l'inserimento in famiglia, l'abitudine al nuovo contesto sociale ed eventuali "problemi" di adattamento del figlio.
Aspetti successivi

Tralasciamo i problemi dell'accettazione del bambino diverso da sè, del racconto al figlio della sua storia, del diritto a conoscere le proprie origini, della ricerca delle stesse origini, questi sono tutti miti che sono mandati a memoria da genitori e figli adottivi, tutti gli altri sono rimasti al segreto (in usanza nel secolo scorso) e al concetto semplice e lineare che la vera mamma è quella che l'ha partorito. Questo è un monolite inamovibile che pesa tantissimo sulle decisioni dell'opinione pubblica, delle istituzioni (in perenne ricerca di consenso) e dei media (in perenne ricerca di audience) in merito all'adozione e anche alla procreazione. Nulla sono valsi e serviranno discorsi sull'efficacia del modello di famiglia adottiva, come non servirà la conoscenza dei numerosissimi esempi di genitorialità biologica inefficiente, inefficace o dannosa. La maggior parte delle persone si meraviglia se il figlio adottivo prima o poi non cerca la mamma d'origine. Poco vale l'informazione che questa ricerca è fortemente circoscritta a una minoranza di adottivi.


Disarmante
Alla luce anche solo di questi pochi punti, risulta chiaro che risulti disarmante vedere come sia (virtualmente) facile cercare un figlio affidandosi alla procreazione assistita eterologa che è gratis o costa estremamente meno, che non richiede preparazione, maturazione, idoneità, che garantisce un figlio neonato e quindi senza i problemi tipici dei figli adottivi non più piccoli (6 anni di media).
Altrettanto disarmante risulta come lo stato possa trovare le risorse per la procreazione assistita eterologa e negare servizi post-adozione all'altezza per aiutare le famiglie adottive (e non stiamo parlando dell'eresia di avere l'adozione gratis, cosa a quanto pare utopistica e impossibile).
È disarmante la constatazione di quanto i servizi sociali e i tribunali per i minorenni siano ossessivamente attenti, pignoli, indagatori verso la preparazione delle coppie adottive e come invece il sistema sia condiscendente verso chi adotta i gameti e si fa un figlio in pancia.

Ripensare al sistema famiglia (adottiva)

La nostra considerazione è che sarebbe necessario un ripensamento complessivo verso le risorse da destinare alla famiglia (nello specifico quella adottiva, ma non solo) e che lo svantaggio maggiore sarà dei bambini abbandonati a cui saranno preferiti uno o due gameti congelati.

lunedì 4 gennaio 2016

La lagna e i miglioramenti

 La lagna 
(Sinonimi: gemito, geremiade, piagnisteo, lamentazione, frignamento, querimonia, piagnucolio, singhiozzo, singulto, lamento, nenia, pianto, solfa, tiritera, menata, brontolio, mugugno, lagnanza, lamentela)

La lagna viene sempre facile, per ogni cosa che si incontra, soprattutto se la controparte è un ufficio pubblico. Nel sistema adozione, ad esempio ci si può lamentare dei tempi di risposta delle cancellerie dei tribunali per i minorenni, dei tempi di attesa prima dei colloqui con i servizi sociali, dell'atteggiamento sospettoso delle assistenti sociali (è un'indagine o no?), dei tempi per l'indagine e per la stesura della "famosa" relazione che il giudice dovrebbe leggere subito, del tempo che passa tra l'invio della relazione e l'incontro con il giudice stesso, dei tempi di attesa del decreto di idoneità e di notifica... Poi ci sono gli enti autorizzati (che non sono pubblici, ma che possono essere equiparati, visto che agiscono in sussidiarietà), le loro liste d'attesa, la richiesta di altri incontri, le documentazioni richieste, le apostille o le autenticazioni, e i soldi che chiedono: per gli incontri, la formazione, le traduzioni.... Sembra di dover scalare una montagna alta e ripida, quasi inaccessibile. Non c'è da illudersi, la salita c'è e a volte sembra molto ripida, ma negli ultimi 20 anni è stata scalata da migliaia di coppie normali (non dei Reinhold Messner) che passo dopo passo, con pazienza e convinzione sono arrivate ad adottare dei figli. Qualcuno l'ha raggiunto dopo un anno e mezzo, altri dopo quatto anni. Tra questi ci sono degli "eroi" che hanno adottato bambini con problemi importanti, altri ne hanno adottati quattro in una volta, la maggior parte più semplicemente ne hanno accolto uno senza grossi problemi, né grande né piccolo. Tutti si sono resi conto che le vere difficoltà cominciano dopo, ma anche che passo dopo passo, per la maggioranza di loro sono ostacoli non insormontabili; ci vuole attenzione, convinzione e preparazione e tempo.

Migliorabile?

Come e in cosa si potrebbe migliorare l'iter adottivo? probabilmente si potrebbe migliorare un po' in tutto: ad esempio nella preparazione del personale dei servizi sociali, nel miglioramento dell'uniformità di giudizio e di procedura dei diversi tribunali per i minorenni. Si potrebbe pensare a dei contributi per coprire le spese di adozione internazionale, almeno per le coppie più bisognose, o almeno a dei prestiti d'onore rateizzando i rimborsi (detraibili dall'irpef), mentre la gratuità generalizzata è un'idea utopistica. Si potrebbe pensare a un maggior coinvolgimento del ministero degli esteri a supporto della CAI e degli enti autorizzati presso le istituzioni straniere.Si potrebbe definire dal punto di vista normativo oltre all'adozione anche l'affido internazionale. Si potrebbero delegare alcune funzioni della CAI come il permesso di rientro con il minore adottato, alle ambasciate in loco (si tratta di controllare la documentazione fornita dall'ente autorizzato)... Senza pensare a rivoluzioni globali (che rischierebbero di disfare quello che c'è di buono nella nostra prassi adottiva che rimane un modello per numerosi paesi occidentali), si potrebbero operare numerosi piccoli interventi migliorativi pragmatici e a costi affrontabili anche con i vari patti di stabilità. Il tema più complesso poi riguarderebbe il post-adozione dopo il primo anno successivo al rientro. Infatti, non solo il servizio pubblico scompare quasi completamente, ma non è nemmeno in grado di sapere cosa succede. Le ricerche e le statistiche sono poche, parziali, lacunose e datate e quelle che esistono sono fatte da enti o soggetti che non possono accedere ai dati in modo statisticamente corretto (la scelta del campione infatti dovrebbe essere fatta in modo del tutto casuale attingendo dall'intera popolazione interessata e non, ad esempio, su base volontaria), I tribunali (ognuno per sé) fanno spesso delle indagini su alcuni aspetti della vita degli adottivi negli anni successivi all'adozione; le regioni hanno dei riscontri dalle ASL perché amministrativamente gli interventi degli operatori devono essere monitorati, ma manca l'indagine unitaria e mirata. Senza un'analisi aggiornata e continuativa ci sembra molto difficile pensare ad interventi migliorativi nel post-adozione.