martedì 16 giugno 2015

Lettera appello di una "madre segreta"

Pubblichiamo senza commento una lettera testimoniale relativa alla segretezza del parto. Il punto di vista de "la-madre-che-ha-abbandonato-il-figlio-alla-nascita-e-che-non-vuole-essere-rintracciata". Come spesso accade quando il parlamento si pronuncia su simili questioni, il pericolo maggiore è la superficialità delle soluzioni prospettate...

”Quando ho letto la notizia credo che il mio mondo si sia dissolto in un attimo, ho guardato i miei familiari, ignari, e ho visto la fine della vita che con fatica mi sono costruita e guadagnata. Non vi voglio raccontare il mio passato doloroso, so però che non sarei in grado di riviverlo (...). 
Non posso rivivere tutto di nuovo, non ho la forza di raccontare tutto alla mia famiglia attuale, non lo posso immaginare, mi sento morire e nell’attesa di questa condanna, io mi sento morire piano piano. 
Che Dio mi perdoni se a volte vorrei farla finita, anche se poi non so se ne avrei il coraggio. La mia vita ormai dipende dal legislatore, vi prego non smettete di lottare per il parto anonimo, per questo non vi ho mai ringraziato abbastanza, quelle come me non possono palesarsi, non possono parlare ai dibattiti, devono solo aspettare! (...) 
Ho cominciato a vivere nel terrore che un giorno arrivi a casa una raccomandata che mi obblighi a presentarmi in tribunale (come una malvivente), ho il timore di dover ripercorrere quella esperienza terribile (…). 
Io ho la certezza che non riuscirò a sopportare tutto questo (…). 
Uno Stato non può tradire in questo modo un patto stipulato che mi ha portato a fare questa scelta, anche se imposta, che mi ha permesso di non abortire. Sono disperata all’idea di poter fare soffrire i miei cari. Spero anche che la creatura che ho messo al mondo e per la quale prego sempre (sono aiutata da un padre spirituale) sia serena, considerando le sue origini, quelle delle persone che lo hanno adottato, loro sono i veri genitori”.

lunedì 15 giugno 2015

Adozione e infertilità

Se non foste stati sterili mi avreste adottato ugualmente?

Quanti genitori adottivi potrebbero in sincerità e realisticamente rispondere affermativamente a questa domanda? L'opzione adozione anche in presenza di opzione procreativa è praticabile? Non sono gli stessi servizi sociali che molto spesso mettono in dubbio questa possibilità? Gli enti autorizzati o i tribunali che dissuadono dal perseguirla? 

Oltretutto: l'esiguità delle adozioni in Italia, la complessità delle adozioni all'estero (costi, tempi, figli sempre più compromessi), il fatalismo di accontentarsi di rimanere senza figli unitamente alla comodità di non istituzionalizzare le convivenze e la sempre maggiore facilità di accesso alla procreazione assistita invita, spinge in senso contrario; sempre meno coppie infertili si rivolgono all'adozione con la conseguente tendenza che ha portato il numero delle adozioni a dimezzarsi in meno di tre anni.

martedì 9 giugno 2015

Così diversi, così uguali.

Due figli, lei ormai adolescente, italiana, molto italiana, carnagione chiara, capelli e occhi castani, occhi tondi, sorriso sincero, facile all'entusiasmo o alla delusione, grande generosità d'animo, il fratellino, di quattro anni più giovane, puro khmer, pelle di infinite gradazioni tra il latte macchiato invernale e il caffè macchiato estivo, occhi leggermente a mandorla e nasino schiacciato, capelli neri, bocca a cuoricino che si schiude spessissimo in un sorriso irresistibile di denti bianchissimi.

Due figli così diversi tra loro e io che mi incanto a guardarli... mi riecheggiano domande lontane: come si fa ad amare un bambino così diverso da noi? come si può riuscire ad amare bambini così differenti? si riesce a non privilegiare l'uno o l'altra?

La risposta è sì, anche volendo sarebbe impossibile fare preferenze. La soluzione è stata semplice: hanno risolto loro tutti i dubbi, in pochissimo tempo sono diventati inseparabili, compagni, complici, si cercano, si seguono, si trovano, si difendono, si imitano... un vero spettacolo! Nati in circostanze così diverse a quattro anni di distanza e a 15 mila chilometri di distanza, eppure così assolutamente fratelli anche nei rari episodi di gelosia e di litigio.

Non ho provato cosa significa amare un figlio biologico, un figlio che ci assomigli così tanto da poterci specchiare in lui, un figlio che abbia le nostre caratteristiche genetiche, doti e difetti, ma so per certo che sarebbe impossibile provare per lui un amore più intenso di quello che provo per i miei due figli adottati, entrati così profondamente nella mia esistenza che mi sembra impossibile non aver vissuto insieme a loro sin dal primo minuto della loro vita.

La loro vita e la mia vita prima del nostro incontro esiste, lo sappiamo, ma per ora è in un cassettino, ci godiamo questa vita insieme, giorno per giorno, ora per ora. Quando vorranno chiedere, cercare, indagare sulla loro vita ante-incontro per lo stesso amore assoluto che provo adesso, io sarò lì per aiutarli e sostenerli.

domenica 7 giugno 2015

Bambini straordinari 4 (Passato, presente e futuro)


Il continuum di un bambino adottato deve essere assolutamente rispettato. Passato, presente e futuro si intrecciano nella sua mente, ma non sempre hanno la stessa importanza.
Non sempre il bambino adottato è contento di parlare della propria storia e delle proprie origini; a volte non vuole essere considerato un bambino 'speciale' ma vorrebbe essere come tutti gli altri. È possibile che in un certo momento abbia voglia di 'staccarsi' dal passato soprattutto se è stato adottato da piccolo.
Quando e se si vuole affrontare la storia personale si deve tener conto di questo aspetto. Ci sono bambini adottati da piccoli e altri che sono arrivati nella nuova famiglia in età scolare.
  • Nel primo caso, la sua storia coincide con quella della famiglia adottiva, ha solo una memoria corporea della sua precedente vita con la famiglia d'origine o con chi l'ha aiutato. La sua storia precedente è frutto di racconti riportati dai genitori adottivi.
  • Nel secondo caso la storia personale è ricca di episodi che la memoria mantiene viva, alcuni chiari e altri già confusi e che nel tempo sono destinati a offuscarsi. Nel momento del rifiuto della storia è negativo affrontare qualsiasi tema legato all'infanzia.
Il buon senso deve guidare l'insegnante più che il programma ministeriale. A volte, però, le precauzioni sono più negative del problema stesso, ovvero esonerare da certi compiti dati agli altri un bambino solo perché è adottivo può solo essere controproducente; molto meglio 'inventarsi' una visione più generale del compito in modo che anche un bambino adottivo possa interpretarlo non sentendosi spiazzato.
Ad esempio, invece di portare uno scatolone di oggetti della propria nascita per ricostruire ognuno una propria storia personale, ad esempio, si può portare ognuno un oggetto personale appartenente al passato e ricostruire un episodio della propria storia più o meno recente.
Evitare invece 'gaffes' come quella di un insegnante di scuola media che esonerò due bambini addottivi dal tema: 'Racconta un episodio di quando avevi tre anni'... Ovviamente anche i figli adottivi hanno avuto tre anni, ma soprattutto la domanda che sorge spontanea è quanti dodicenni si ricordano in prima persona di un episodio dei loro tre anni?

mercoledì 3 giugno 2015

Scegliere o non scegliere il bambino?

In Italia abbiamo un approccio all'adozione molto preciso: la normativa specifica che si deve trovare dei genitori a un bambino in stato di abbandono. Operatori, enti, legislatori, giudici sono tutti d'accordo i figli non si scelgono, ma questa verità, questa certezza granitica potrebbe ammettere qualche deroga come descrive l'intervento seguente da un convegno francese ..."Bambini e famiglie d’adozione”, un'associazione di genitori in Francia che raggruppa più di 8 000 persone, ha organizzato alcuni anni fa un Congresso sul tema dell'adozione e l'etica.

...Sia l'adozione nazionale che l'adozione internazionale pongono importanti problemi etici. La domanda per bambini piccoli, in buona salute è di gran lunga superiore rispetto alla domanda di bambini più grandi, con qualche problema o handicap. Siamo sicuri che questa domanda elevata non spinga a fare pressione a scapito delle madri meno “protette” per ottenere bambini più piccoli ed in salute? Questa domanda non comporta il rifiuto di bambini che hanno gran bisogno di essere soccorsi?
Sempre più paesi, ONG, organizzazioni non-governativi, e lo spirito della Convenzione del L’Aia spingono affinché i bambini piccoli ed in buona salute rimangano nei loro paesi e che lì siano adottati per assicurarne l'avvenire. Quando dei genitori pensano all'adozione, pensano che essa serve per creare una famiglia a misura di quella abituale, dunque pensano di adottare un bambino più piccolo possibile. Poi, quasi tutti i futuri genitori, desiderano accettare un bambino in buona salute; è un desiderio umano, logico.

Invece, i bambini che hanno maggiore bisogno di una famiglia sono i bambini più grandi, handicappati fisici o mentali o con malattie gravi. Come collegare queste due speranze? Non si può esigere dai genitori adottanti di prendere in carico dei bambini che hanno bisogno di cure specializzate a lungo termine. Non si può chiedere loro neanche di sostituirsi ai Servizi Sociali o ai centri di cura di lunga durata.

Si devono rispettare le loro capacità d’accoglienza. Infatti si sono avute restituzioni di bambini dopo l'adozione, quando non si era rispettato il desiderio dei genitori. Invece, si sono visti dei genitori ricevere o un bambino handicappato, malato cronico ed accettare la situazione come l'avrebbero accettata se avessero loro stessi messo al mondo questo bambino. Adottare, come mettere un bambino al mondo, comporta dei rischi; ogni futuro genitore dovrebbe accettare il rischio legato al fatto di poter ricevere un bambino malato o handicappato. Ma bisognerebbe valutare il rischio di rigetto dopo l'adozione. Questo rigetto è più grave per il bambino adottato che ha già subito l'abbandono. Individualmente dunque, i genitori adottanti possono e devono riflettere sulla loro capacità di accogliere un bambino. Non hanno tutti gli stessi limiti e per il benessere del bambino e della famiglia, è importante rispettare questi limiti.
Si dovrebbe approfittare invece, del tempo d’attesa di un'adozione per sensibilizzare i futuri genitori ai bisogni dei bambini più grandi, malati e handicappati. Alcuni potrebbero scoprire un arricchimento supplementare.

In California, i Servizi Sociali organizzano degli incontri tra futuri genitori e bambini in attesa d’adozione. Spesso avvengono dei colpi di fulmine che permettono alle persone di amarsi al di là di qualsiasi handicap. Parimenti, i Servizi Sociali dell’Ontario hanno deciso di porre delle foto di bambini con un breve riassunto su un sito internet per trovare delle famiglie ai bambini che resterebbero altrimenti nelle case famiglia o negli istituti fino alla maggiore età.

Questi due approcci permettono a molti più bambini di realizzare il loro sogno di avere una famiglia.
Individualmente, abbiamo il diritto di rifiutare una proposta che non corrisponde alle nostre capacità genitoriali. Ma collettivamente, abbiamo la responsabilità di fronte a tutti gli altri bambini dei paesi stranieri che non troveranno una famiglia.
Le numerose adozioni internazionali degli ultimi anni hanno avuto delle conseguenze insperate; parecchi orfanotrofi hanno migliorato notevolmente le condizioni di vita dei bambini e dei progetti formidabili come le "Grande-madri" in Cina hanno visto la luce. L'adozione internazionale ha provocato anche nei paesi d’origine una presa di coscienza del valore del bambino. Così il bambino occupa un posto importante nel discorso politico e le sue condizioni di vita sono migliorate parecchio ovunque.

L'adozione ha portato anche a livello internazionale una riflessione sull'importanza del posto del bambino nella società, sull'importanza di fornirgli le migliori probabilità di avere una vita sana ed equilibrata. L'adozione internazionale porta anche prima una solidarietà ed una fraternità tra popoli inimmaginabili.
Difatti, i popoli dei paesi dove sono generati i bambini sono diventati la famiglia allargata degli adottanti e tutti si sentono riguardati dagli eventi che lì si svolgono. E soprattutto, l'adozione ha permesso alle centinaia di bambini di avere un progetto di vita familiare. Questo non è un sistema perfetto e non risolve tutti i casi di bambini che desidererebbero una famiglia, ma di rimbalzo l'adozione internazionale ha permesso a centinaia di altri bambini di ricevere migliori cure avere migliori condizioni di vita.

Fonte: Claire-Marie Gagnon, Texte paru dans «La Cigogne», journal de la Fédération des parents adoptants du Québec, Printemps

Bambini straordinari 3 (Rendimento e concentrazione)


Comunque l'80% dei bambini adottati hanno una buona riuscita scolastica, un buon adattamento e una buona integrazione. Tenendo in considerazione un altro dato, cioè che complessivamente la media degli adottati ha un rendimento inferiore si può dedurre che il rimanente 20% mostra problemi molto marcati tali da abbassare la media. Questo confronto è stato effettuato rispetto al resto della popolazione scolastica, mentre se si confronta il rendimento degli adottati con il rendimento dei bambini che per vari motivi rimangono in comunità (istituto, casa famiglia, affido) risulta che gli adottati hanno risultati notevolmente migliori corroborando così la validità dell'istituto dell'adozione.
Una delle variabili del rendimento scolastico che è maggiormente interessata dall'essere stato adottato è sicuramente la capacità di concentrazione. Il calo precoce di quest'ultima induce una serie effetti come l'incapacità di giungere alla soluzione di problemi complessi che non abbiano soluzione immediata o come la difficoltà di memorizzazione. La capacità di concentrazione è la variabile cognitiva maggiormente soggetta a stress emotivo, quindi il buon clima affettivo (un clima empatico, ricco di emozioni trasparenti) agevola il suo sviluppo.
Quanta capacità di concentrazione abbia un bambino e la sua durata dipende da molteplici fattori, quello che influenza maggiormente un bambino adottivo dipende dal livello di attaccamento che ha sviluppato nel primo anno di vita, quando il bambino apprende la capacità di affidarsi, lo sviluppo della fiducia, negli altri e in sé. La fiducia acquisita lo sostiene nel mantenersi concentrato per raggiungere l'obiettivo prefissato, la carenza di fiducia di riuscire a terminare il lavoro lo fa desistere prima del tempo. Non sempre, poi, un buon rendimento a scuola è indice di autostima completa perché questa potrebbe essere totalmente veicolata verso l'obiettivo scolastico (per compiacere i grandi) e perdersi negli altri ambiti.
Per migliorare l'autostima di un bambino la ricetta base è affidargli compiti semplici e brevi, il raggiungimento di questi obiettivi comporta l'aumento graduale del grado di concentrazione e l'aumento della fiducia in se stesso con la possibilità conseguente dell'affidamento di altri compiti gradualmente più complessi.