venerdì 15 maggio 2015

Un abbandono è per sempre

Un abbandono è per sempre. Non ammette rimpianti. 

Non si tratta dell'abbandono di un'amicizia, di un partner, di una cosa o di un animale domestico (atto quest'ultimo, punito severamente dalla legge). Stiamo parlando di bambini, generalmente piccoli e quindi indifesi e incapaci non solo di badare a se stessi, ma soprattutto esposti per il resto della vita, al danno della convinzione di non essere stati sufficientemente amati.

"Quando sono nato è accaduto: mia madre ha partorito e non mi ha riconosciuto, così sono finito in istituto, figlio di un rifiuto, allevato come un detenuto, seduto, muto." (da: "Anoniman" di Frankie hi-nrg mc - incluso nel cd "DePrimoMaggio")

Nonostante la gravità dell'atto sia indiscutibile, ovunque le istituzioni sono pazienti e attendono che chi abbandona possa ripensarci, chiedono conferma, offrono aiuti per poter recedere da una scelta sicuramente dolorosa per la madre (e soprattutto per il figlio che la subisce). Le case famiglia e gli affidi esistono per questo per sopperire alle incapacità dei genitori per brevi periodi di tempo (poi, spesso diventano più lunghi, indefiniti e infine definitivi cioè fino a maggior età e oltre).

Se il figlio viene dichiarato adottabile significa che si è constatata l'impossibilità di reinserimento nella famiglia d'origine (succede anche nei casi di incuria o trascuratezza grave, violenza, ecc.). O che i genitori hanno reiterato, convinti, la volontà di abbandonare. A questo punto e non prima si può affermare che l'abbandono è per sempre. Non è reversibile.

La successiva adozione sarà legittimante. Significa che la famiglia che accoglierà il bambino sarà la sua unica famiglia. Significa non solo che sarà figlio dei nuovi genitori, ma anche nipote dei nuovi nonni e dei nuovi zii, fratello dei nuovi fratelli, cugino dei nuovi cugini e così via. Mentre per ascendenti e discendenti dei genitori d'origine pur continuando ad avere affinità genetiche sarà un estraneo.

Quando si sente parlare di veri genitori (alludendo a quelli originari) non ci si sta riferendo a un dato di fatto, non solo perché questo non sussiste, ma si sta esprimendo un giudizio negativo sull'istituto dell'adozione e si sta palesemente discriminando chi può definirsi legittimamente genitore, nonno, zio, fratello, cugino... e che dopo un po' di convivenza lo è anche in senso emotivo, affettivo, educativo, organizzativo, ecc.

Premesso ciò, se un figlio che sia stato abbandonato (adottato o meno) voglia cercare le proprie origini è giusto e legittimo come è altrettanto giusto che possa farlo senza pressioni psicologiche di nessuno, senza sentirsi snaturato se non ha desiderio di farlo, senza che questo venga considerato ovvio, inevitabile o indispensabile. Questa è una ricerca facoltativa che deve essere agevolata per chi ne ha desiderio, ma che non deve essere considerata indispensabile da chicchessia. Infatti la maggior parte dei figli adottati che ha avuto una nuova vita piena di cure e attenzioni non sente la necessità della ricerca; ha già una famiglia, una vita, un futuro.

La ricerca delle origini è quindi comprensibile e da facilitare quando ve ne sia il desiderio, ma la ricerca della discendenza no. Non deve essere ammissibile, non c'è nessuna giustificazione che ammetta la ricerca da parte di chi è stato l'attore principale dell'abbandono. Rimorso, nostalgia, desiderio di completezza, voglia di discendenza rimangano delusi. L'abbandono è per sempre per chi lo ha perpetrato.

Inoltre l'arrivo inatteso nella vita di chiunque di uno sconosciuto che dichiari di essere il genitore, il nonno o un altro parente, potrebbe essere più facilmente sconvolgente, drammatico e dannoso piuttosto che costruttivo ed edificante. Sarebbe anche difficile riuscire a comprendere, in merito all'abbandono, quali narrazioni siano veramente vere e quali siano invenzioni per giustificare un atto di cui ormai ci si vergogna.


1 commento:

GK ha detto...

L’amore, in generale, è un sentimento che viene dalle viscere. Non è solo “spirito”, nel senso di pura astrazione. Non è solo la mente ma è tutto il nostro corpo ad amare, a spingerci a desiderare profondamente, visceralmente, il bene delle persone che amiamo. Se l’amore fosse solo una questione di DNA allora ameremmo solo i nostri parenti, invece non è così. Si ama, infatti, anche il marito, la moglie, il fidanzato, l’amico; e li si ama in modo non meno viscerale rispetto a chi ha nelle vene il nostro stesso sangue. Ecco Perché le mamme adottive avvertono sin nella propria carne il legame con i loro figli. L’amore non ha DNA...

Patrizia