mercoledì 29 gennaio 2014

Adozioni gratis. Ma sarà la soluzione?

Ecco la soluzione commerciale a un problema culturale:

"Firma per la gratuità dell’Adozione Internazionale (www.adozionebenecomune.org/)"


Cerchiamo di spiegare quali sono i contorni della materia:


Gli enti autorizzati, preoccupati del calo di disponibilità alle adozioni internazionali cercano la soluzione con la gratuità.

Premesso che in tempo di crisi l'aiuto economico ad alcune coppie che ne hanno bisogno sarebbe auspicabile non tanto per aumentare il numero delle adozioni, ma per un senso di giustizia sociale, la gratuità a pioggia risulterebbe un regalo anche a chi non ne ha bisogno. 


I meccanismi di finanziamento delle coppie aspiranti all'adozione porrebbero una serie di domande e dubbi pratici:
  • l'eventuale rimborso delle spese sostenute sarebbe a saldo, cioè ad adozione terminata, ma cose ne sarebbe nel caso di adozione non portata a termine?
  • l'iter può durare anche quattro e più anni quindi la coppia dovrebbe anticipare tutte le somme per parecchio tempo prima di ottenere il rimborso?
  • non sarebbe meglio proporre dei prestiti senza interessi (mutui) garantiti dallo stato sin dal conferimento dell'incarico all'ente?

Ma, in ogni caso, la gratuità risolverebbe veramente il problema del calo delle adozioni?

In realtà quando si partecipa ai convegni (degli stessi enti) sulle adozioni si scopre che il problema economico esiste ma non è il fattore principale, che il primo fattore è culturale.

Negli ultimi anni i paesi da cui provengono tradizionalmente la maggior parte dei minori in adozione hanno progressivamente alzato l'asticella delle richieste sulle disponibilità delle coppie adottive. Bambini sempre più grandi, con problemi di salute, fratrie numerose, ecc. (special needs)

La figura reale dei minori che giungono in adozione si sta allontanando sempre di più dal figlio immaginario che ogni coppia sogna all'inizio dell'iter. Gli operatori dei servizi sociali affermano che i bambini che arrivano sono mediamente e progressivamente sempre più compromessi. Ciò mette in maggior difficoltà le coppie che li accolgono e spaventa quelle che si accingono a decidere se seguire la via dell'adozione.

A questo punto mi sorge una domanda: forse sarebbe meglio investire i soldi per l'adozione, sugli interventi post-adozione di aiuto a tutte queste situazioni sempre più complesse che possono sfociare in veri e propri fallimenti adottivi. 

Ma le coppie che adottano internazionalmente, facendo notevoli sacrifici, sono sempre comunque numerose e il paradosso è che quello che riescono a ottenere gli enti in materia di disponibilità, non riescono ad ottenerlo i tribunali (che se ne lamentano) per i nostri minorenni nazionali. Quindi c'è chi (volente o nolente) adotta un siberiano di undici anni (o una brasiliana di dodici) dopo aver rifiutato un bambino nazionale di otto o nove. E risulta ancor più paradossale perché l'adozione nazionale è gratuita mentre il ragazzo russo costerà anche 20 o 30mila euro a quella coppia che farà tre viaggi in siberia per accoglierlo (per il Brasile si parla di quasi 60 giorni di permanenza).

Al quadro scoraggiante aggiungiamo, inoltre, le sirene sempre più insistenti dei sistemi "all inclusive" della procreazione assistita all'estero che vengono impostati dalle stesse agenzie di marketing della telefonia con slogan tipo: se fai il primo tentativo con la nostra clinica, il secondo sarà a metà prezzo, ecc. Procreazioni eseguite anche con metodologie al limite (o oltre) del lecito con nuove frontiere in Europa dell'est e che praticano tariffe molto più convenienti. 

Promesse di bambini neonati, sani e senza troppe implicazioni e complicazioni tipiche degli adottati (vedi: "10 buoni motivi perché è meglio artificiale che adottato").

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