Piccoli o grandi, bianchi o colorati, con storie più
o meno difficili alle spalle, con vissuti diversi, i bambini adottati
hanno tutti un tratto in comune: sono bambini straordinari, capaci
di rifiorire, di recuperare la falsa partenza che hanno subito. Hanno
certo bisogno di aiuto, hanno sicuramente delle difficoltà
in più, ma nella maggior parte dei casi riescono a recuperare, anche grazie
a genitori adottivi che li hanno fortemente desiderati e voluti.
Ci possono essere regressioni anche dopo il primo anno di presenza nella nuova famiglia. Il trauma dell'abbandono ha interrotto un filo logico che la regressione aiuta a recuperare in parte. La regressione ripara e ricostruisce un rapporto con il proprio vissuto; è come una seconda nascita dopo l'adozione.
Ci sono diverse età in un bambino adottato: un'età
anagrafica, un'età affettiva e un'età dell'esperienza.
-
L'età anagrafica, nel caso frequente di adozione internazionale in paesi con un tessuto sociale e una burocrazia imperfetta è spesso presunta e difficilmente coincide con quella vera, generalmente viene segnalata un'età inferiore a quella reale, a volte le differenze sono di più di un anno.
-
L'età affettiva è inferiore a quella anagrafica poiché l'abbandono ha interrotto la continuità dei bisogni emotivi ed affettivi che sono 'rimasti indietro' rispetto alla crescita fisica.
-
L'età dell'esperienza al contrario è spesso maggiore di quella che viene attribuita ai bambini in una società ricca e garantista come la nostra che li mantiene protetti. Le esperienze vissute dell'abbandono, la vita di strada o di istituto dove spesso vige la legge del più forte ha accelerato alcuni aspetti della maturazione personale, generando squilibri da recuperare.
Quando si incontra un bambino adottato che ha comportamenti particolari
si deve sempre considerare che non è solo un normale modo per
attirare l'attenzione, ma spesso siamo di fronte a comportamenti dovuti
a regressione. Quindi anche in età scolare è necessario
un contatto fisico simile a quello che si mantiene con bambini più
piccoli. A volte è sufficiente anche una mano sulla spalla,
una carezza sulla testa, semplici gesti che instaurano empatia e risultano
consolatori o solidali.
A scuola è necessario non considerarlo come un normale bambino
straniero, quest'ultimo vive in un contesto familiare ben collaudato,
ha una storia ben definita ed è ben integrato in una cultura
e in una comunità.
Nessun commento:
Posta un commento