Ringrazio i quattro genitori fantasma che hanno messo al
mondo i miei due figli e che mi hanno permesso di diventare genitore
abbandonandoli molto presto... Nel caso i miei figli adottivi sentano
l'esigenza, li aiuterò a ricostruire e ritrovare, per quanto
possibile, le proprie origini. Ma...
Il legame di sangue.
Il "legame di sangue" sembra superato in un mondo moderno che, entrati nel terzo millennio, dovrebbe usare la ragione e aver assimilato i messaggi della psicanalisi dell'intero novecento, invece torna a galla dalla "pancia" della società che si scopre conformista e
arretrata e ridesta le tradizioni e le credenze secolari, i luoghi
comuni e i proverbi dei bisnonni, i pensieri, le abitudini popolari, le superstizioni e
(perché no?) i pregiudizi religiosi, ben sapendo che si scontrano con i valori di solidarietà e accoglienza auspicati anche dalla stessa società.
Una società arretrata con una cultura popolare becera e ignorante che considera persone diverse: i "bastardi", i "colorati", i "separati"
e gli "adottati" genera grandi problemi a tutti
costoro che vengono di fatto discriminati spesso nel modo più subdolo
e ipocrita. Non vengono colpiti nei diritti e nell'integrazione sanciti
dalle norme o nell'accettazione formale delle istituzioni, ma nella dignità
della persona, nel profondo dell'intimo spesso proprio dalle stesse persone
che si dichiarano accoglienti e solidali.
Se non si ribadisce che un figlio adottato è
un figlio (un figlio vero!) rimarremo sempre legati a vecchi
stereotipi ottocenteschi. Non basta il riconoscimento giuridico, etico,
morale e bla, bla, bla... Il fatto che sia adottato non deve essere un
attributo identificativo significativo, nemmeno quando venga
considerato un attributo positivo.
Solo con una piena accettazione da parte di tutto il
contesto sociale, (amici, colleghi, insegnanti, educatori, compagni,
gente della strada) la famiglia adottiva risulterà una famiglia
normale, il figlio adottato non sarà di serie B e la ricerca
delle origini sarà vissuta con curiosità e senza
ansie, come una naturale ricerca delle proprie origini, delle radici culturali, sociali e affettive.
Il bastardo.
Qualche tempo fa abbiamo sentito un adulto adottato autodefinirsi
figlio illegittimo ("un bastardo"). Ma in che pessimo contesto è cresciuto?
che genitori adottivi scarsi e incapaci ha avuto la sfortuna di incontrare?
in quale società e ambito culturale schifoso ha vissuto se ha una simile
immagine di sé? chi l'ha lasciato crescere nella convinzione di non
essere una persona compiuta? con simili presupposti è ovvio che, nonostante
le difficoltà, persegua con grande sforzo la ricerca della madre biologica
e delle proprie origini, chi non lo farebbe?
È purtroppo accertato che spesso, adolescenti
di cosiddetta "buona educazione" o di "buona famiglia" additino
immotivatamente il compagno adottato come "figlio di puttana" o
"bastardo"; mentre con gli adottati di etnia diversa, riescano a
sfogarsi attingendo a piene mani dalla peggiore retorica razzista.
Autostima e ricerca delle origini non potranno che esserne
profondamente coinvolte!
Necessità, desiderio o bisogno indotto?
Domandiamoci, quindi, in che misura il trauma
dell'abbandono alla nascita sia un problema psicologico reale che sorge
spontaneamente nell'abbandonato o quanto sia indotto dal contesto,
cioè sia il frutto di una spinta esterna, sia conseguenza
diretta o indiretta di un concetto drammatizzante e ansiogeno della
società che sopravvaluta il ruolo del vincolo di sangue e
della madre biologica.
In questo modo non vi sembra che si determini una coscienza
collettiva che porti a sopravvalutare l'importanza dell'abbandono e dell'eventuale
ricerca delle origini? sarà proprio vero che il ricongiungimento con
la madre biologica sia sempre un atto immaginato in modo commovente e atteso
da tutti i figli adottivi?
Forse no, anzi, se solo il 15% degli adottati intraprende
una seria ricerca delle origini (fonte CIAI), forse significa che questa ricerca
è più una necessità del resto della società che
ne continua a parlare. Forse dovremmo tutti dare meno peso al nostro passato e dovremmo
concentrarci maggiormente verso presente e futuro?