Ricevuta via email e degna di attenzione a prescindere dalle proprie opinioni in merito...
Gent.mi,
Portiamo a Vostra conoscenza la nota
“Richiesta di
ritiro urgente delle proposte di legge n. 784 e 1874, la cui approvazione
provocherebbe conseguenze nefaste a numerose persone, soprattutto donne”
inviata nei giorni
scorsi dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) ai
vari Firmatari delle proposte di legge succitate attualmente in discussione in
Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.
Da: Fondazione promozione sociale
[mailto:info@fondazionepromozionesociale.it]
Inviato: martedì 7
gennaio 2014 16:02
Oggetto: Richiesta di ritiro urgente delle proposte
di legge n. 784 e 1874
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- Egr. On. Luisa Bossa, Delia
Murer, Ileana Argentin e Daniela Sbrollini (proposta di legge n. 784)
- Egr. On.li Michela Marzano,
Chiara Gribaudo, Giuseppe Guerini, Lorenzo Guerini, Mauro Guerra, Maria Iacono,
Vanna Iori, Francesco Laforgia, Simona Flavia Malpezzi, Giovanna Martelli,
Pierdomenico Martino, Alessia Morani, Edoardo Nesi, Valentina Paris, Luca
Pastorino, Alessia Rotta, Simonetta Rubinato, Veronica Tentori, Irene Tinagli
(proposta di legge n.
1874)
OGGETTO: Richiesta di ritiro urgente delle proposte
di legge n. 784 e 1874, la cui approvazione provocherebbe conseguenze nefaste a
numerose persone, soprattutto donne.
Il Csa (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base) al quale aderiscono le organizzazioni sotto
elencate, e la Fondazione promozione sociale onlus che operano
ininterrottamente, rispettivamente dal 1970 e dal 2003, per la tutela delle
esigenze e dei diritti delle persone non in grado di autodifendersi (bambini
privi di adeguato sostegno familiare, soggetti con handicap intellettivo in
situazione di gravità, anziani malati cronici non autosufficienti, persone
colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenze senile, ecc.)
chiedono alle S.V. di voler ritirare con la massima urgenza le proposte di legge
n. 784 e 1874 per i seguenti motivi:
1. lo Stato non può rinnegare il solenne impegno assunto
con varie leggi nelle quali ha precisato che le generalità delle donne che non
avevano riconosciuto i loro nati potevano essere segnalate solo dopo cento anni
e soltanto «a chi vi abbia interesse» (articolo 93, comma 2 del decreto
legislativo 196/2003);
2. non è assolutamente fattibile l’interpello della donna
che non ha riconosciuto il proprio nato «con la massima riservatezza»
come ha stabilito la sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013. Infatti le
richieste dei figli adottivi di conoscere le donne che li hanno generati sono
inevitabilmente prese in esame da un numero assai elevato di persone: i giudici
ed i cancellieri ai quali si rivolge l’interessato, i responsabili dei reparti
maternità e gli addetti alla conservazione del plico in cui sono indicate le
generalità della donna e del neonato, il personale dell’anagrafe tributaria
nazionale incaricato di individuare gli attuali indirizzi delle donne, gli altri
giudici e cancellieri (è assai probabile che le donne non abitino più nelle
città in cui hanno partorito) incaricati di contattarle. Inoltre le lettere di
convocazione, indirizzate (su carta intesta del Tribunale o della Procura per i
minorenni o da altro ente) alle donne per verificare la loro disponibilità ad
incontrare i propri nati, possono molto facilmente essere aperte dai familiari
della donna;
3. le richieste da parte dei figli adottivi di ricercare
le donne che li hanno generati possono essere inoltrate non solo per fini
amichevoli, ma anche per ricatti, denigrazioni e altre violenze. Al riguardo si
fa presente che purtroppo vi sono anche figli adottivi che non ammettono il
valore estremamente positivo del non riconoscimento da parte delle donne che
assumono detta decisione in quanto consapevoli di non essere in grado di fornire
ai loro nati le prestazioni occorrenti per il loro corretto allevamento ed una
adeguata formazione.
Di conseguenza non si possono
escludere atti violenti dei figli adottivi nei confronti delle donne che li
hanno generati.
Inoltre allarmanti e devastanti
conseguenze sono destinate inevitabilmente a coinvolgere anche i componenti dei
nuclei familiari costituiti successivamente dalle donne (coniugi, figli, nipoti,
altri parenti), nonché gli altri congiunti (genitori, fratelli e sorelle).
Occorre dunque riconoscere che la ricerca delle donne che non hanno
riconosciuto i loro nati può essere causa di violenze non solo nei loro
confronti ma anche nei riguardi dei loro nuclei familiari.
Al riguardo
ricordiamo che nell’articolo “Il desiderio di conoscere le proprie origini: un
nuovo diritto?” pubblicato sul n. 103, 1993 della nostra rivista Prospettive
assistenziali, Alfredo Carlo Moro (
aveva segnalato che «l’esperienza dell’adozione ordinaria degli anni
cinquanta, con la possibilità di ritorni dei genitori biologici, ci dice che
ricatti economici sulla famiglia adottiva erano frequentissimi e assai pesanti,
che interventi disturbanti sul ragazzo e sulla famiglia erano all’ordine del
giorno, che molti ragazzi uscivano del tutto distrutti da queste
esperienze».
Analoghe situazioni
si erano verificate anche nei casi in cui i figli adottivi avevano rintracciato
i loro genitori d’origine. Si ricorda che in base alla legge sull’adozione
ordinaria non venivano interrotti i rapporti giuridici fra gli adottati ed i
loro genitori d’origine, come invece è giustamente previsto dall’adozione
legittimante;
4. i figli adottivi
dovrebbero tenere presente che le donne che li hanno generati non solo hanno
agito nel pieno rispetto delle leggi vigenti, ma soprattutto non hanno messo in
pericolo la loro esistenza non abbandonandoli (come purtroppo numerose persone
ancora affermano sia avvenuto per i neonati non riconosciuti senza tener conto
della realtà) avendoli immediatamente affidati alle istituzioni preposte (enti
sanitari, servizi sociali e Tribunali per i minorenni) affinché provvedessero
tempestivamente a inserirli presso con idonee famiglie
adottive.
Le decisioni del non
riconoscimento sono state altamente positive in quanto hanno consentito dal 1967
ad oggi ad oltre 20mila neonati di nascere in strutture sanitarie idonee.
Inoltre l’immediato loro affidamento alle istituzioni pubbliche preposte ha
consentito a detti neonati di non subire le nefaste conseguenze del ricovero in
istituto, come avviene purtroppo nei casi di riconoscimento da parte di coloro
che non sono in grado di provvedere al loro allevamento diretto e alla loro
educazione e istruzione.
Ne consegue che i neonati non
riconosciuti e adottati dovrebbero avere sentimenti di riconoscenza nei riguardi
delle donne che li hanno generati e che hanno scelto di non riconoscerli per
consentire loro di poter crescere circondati dall’affetto e dalla protezione di
normali famiglie.
Inoltre i figli adottivi
dovrebbero tenere presente che l’adozione è una seconda nascita, che non annulla
certamente la prima, equiparabile, come aveva affermato il dotto giurista
Salvatore Lener su Civiltà cattolica, ad un innesto. Infatti se si
procede, ad esempio, all’innesto di un pesco su un susino o su un mandorlo, i
frutti, belli o brutti, buoni o cattivi, sono sempre e solo pesche, allo stesso
modo di quando le radici sono di pesco. Poiché analoga è la situazione che si
verifica con l’adozione, sarebbe necessario approfondire il vero significato e
il reale ruolo delle radici di ognuno di noi.
Infatti l’essenza della filiazione
e della genitorialità è costituita dai rapporti affettivi e reciprocamente
formativi che si sono instaurati tra i figli (biologici o adottivi) ed i loro
genitori (biologici o adottivi).
Pertanto se il Parlamento non
intende rinnegare gli impegni assunti dalle leggi con le donne che non hanno
riconosciuto i loro nati, cambiamenti in merito possono essere disposti solo per
le donne che partoriranno dopo l’approvazione della nuova
legge;
5. dalle notizie in nostro possesso risulta che le
richieste di conoscere le donne che li hanno partoriti sono presentate da una
assai esigua minoranza di figli adottivi (a nostra conoscenza poche decine) di
fronte agli altri 140mila fanciulli adottati, di cui oltre 20mila non
riconosciuti.
Ciò premesso
evidenziamo altresì che l’approvazione delle proposte da Voi presentate non
garantendo più l’assoluto segreto del parto, creerà difficoltà devastanti alle
donne che non intendono abortire e che nello stesso tempo sono consapevoli di
non essere in grado di fornire le occorrenti inderogabili prestazioni ai loro
nati.
Mentre riteniamo
corretta l’accettazione delle decisioni delle donne che ricorrono all’aborto,
riteniamo altrettanto corretto il rispetto della scelta delle partorienti che
vogliano portate a termine la gravidanza e nello stesso tempo non intendono
riconoscere i loro nati.
Ne consegue che le
attuali disposizioni di legge non dovrebbero essere modificate per tutte le
donne che non hanno riconosciuto i loro nati prima dell’entrata in vigore delle
nuove norme.
Pertanto, in base
alle considerazioni sopra esposte Vi chiediamo di ritirare con la massima
urgenza la proposta di legge in oggetto.
Restiamo a
disposizione e nel ringraziarVi per l’attenzione porgiamo cordiali
saluti.
Maria Grazia Breda
e Francesco Santanera
Attualmente fanno
parte del Csa le seguenti organizzazioni: Associazione Geaph, Genitori e amici
dei portatori di handicap di Sangano (To); Agafh, Associazione genitori di
adulti e fanciulli handicappati di Orbassano (To); Aias, Associazione italiana
assistenza spastici, sezione di Torino; Associazione “La Scintilla” di
Collegno-Grugliasco (To); Associazione nazionale famiglie adottive e
affidatarie, Torino; Associazione “Odissea 33” di Chivasso (To); Associazione
“Oltre il Ponte” di Lanzo Torinese (To); Associazione “Prader Willi”, sezione di
Torino; Aps, Associazione promozione sociale, Torino; Asvad, Associazione
solidarietà e volontariato a domicilio, Torino; Associazione tutori volontari,
Torino; Cogeha, Collettivo genitori dei portatori di handicap, Settimo Torinese
(To); Comitato per l’integrazione scolastica, Torino; Ggl, Gruppo genitori per
il diritto al lavoro delle persone con handicap intellettivo, Torino; Grh,
Genitori ragazzi handicappati di Venaria-Druento (To); Gruppo inserimento
sociale handicappati di Ciriè (To); Ulces, Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale, Torino; Utim, Unione per la tutela delle persone con
disabilità intellettiva, Torino.